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Giovedì, 25 Aprile 2024
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Contro il taglio dei pini al circolo canottieri Italia Nostra e Archeoclub scrivono al ministro della Cultura

Una lunga missiva per portare a conoscenza il governo della vicenda che sta interessando l'area dove è stato avviato il progetto di riqualificazione della sede storica del circolo canottieri: intervento condiviso dalle associazioni, ma su quei tagli resta il "no" sia sui tempi che sulle ragioni che li motiverebbero

“Si può discutere una soluzione, di cui si sta avviando la realizzazione alla fine della quale ci saranno molti alberi di pino in meno? Si può stabilire un confronto su questo?”. La sezione locale di Italia Nostra e l'Archeoclub Pescara la domanda la pone direttamente al ministro dell cultura Gennario Sangiuliano, oltre che al direttore generale archeologia, balle arti e paesaggio e al segretario regionale del ministero della cultura, portando così a conoscenza degli organi nazionali la vicenda che sta interessando il taglio dei pini del circolo canottieri. Tagli iniziati venerdì 3 marzo e bloccati proprio da alcuni esponenti di Italia Nostra con il cantiere che però da ordinanza comunale, riaprirà i battenti domani mattina (lunedì 6 marzo ndr).

Nella lettera inviata al ministero le due associazioni ribadiscono il plauso per l'avvio di riqualificazione del circolo e del finanziamento ottenuto perché la città torni ad avere e poter vivere “questa importante testimonianza dell'architettura del '900 in città”, Se però “la consideriamo un'opportunità insieme al retrostante progetto che si annuncia sull’area dell’ex campo Rampigna per la realizzazione del grande parco affacciato sul fiume esteso col tempo all’intero perimetro del settore nord dell’antica fortezza nel quale ritrovamenti archeologici ed architetture storiche trovino la loro valorizzazione in una nuovo progetto urbano per questa parte di città”, sulla scelta di tagliare i pini resta la posizione contraria. Non solo perché, ribadiscono Italia Nostra e Archeoclub, si sta procedendo al taglio in un periodo non consentito dalla normativa europea vista la direttiva che tutela la nidificazione degli uccelli, ma anche nel merito dato che quei pini, sostiene insieme da altre 16 associazioni, non andrebbero tagliate.

Eppure ,precisano, il “sosteno all’attività della soprintendenza non è mancato anche in passato: dal riconoscimento del valore storico per la sequenza urbana di corso Umberto col suo affaccio libero sul mare; alla difesa dello stadio Adriatico; alla apposizione del vincolo indiretto sul rione pineta che ha recentemente resistito con successo ad un ricorso privato”. Certo, ricorda ancora, anche critiche ce ne sono state “come nel caso dell’abbattimento di palazzo Sirena a Francavilla che coinvolse al nostro fianco anche l’attuale sottosegretario Vittorio Sgarbi e per l’importante episodio di archeologia industriale dell’ex Montecatini a Bolognano non sottoposto a tutela”. Dunque, questo il senso, la battaglia intrapresa per la tutela dei pini del circolo canottieri, tengono a precisare le associazioni nel rivolgersi al ministro, non c'è “nessuna ostilità preconcetta, ma l’esatto contrario conoscendo bene gli attacchi che quegli uffici subiscono da ben altre direzioni”.

Il rammarico più grande è quello di “non essere stati coinvolti in nessuna delle fasi” dell'iter che ha portato a “questa drastica sistemazione esterna” e scoperta solo “dalla recente lettura di una relazione illustrativa del progetto”. Un modo questo per ribattere alla soprintendenza che spiegando le ragioni della scelta di tagliare i pini per voce della dirigente Cristina Collettini, aveva rilevato come se critiche dovevano essere fatte potevano essere sollevate quando il progetto è stato presentato. Presentato sì, ma alla stampa replicano ancora Italia Nostra e Archeoclub lamentando quindi l'assenza di reale percorso partecipativo. “Noi riteniamo – scrivono infatti nella lettera inviata a Roma - che raccogliere contributi a monte delle decisioni finali sia la vera partecipazione e, in ultima analisi, sia un vantaggio per l’opera pubblica anche in termini di tempo e di soddisfazione dell’utente; il contrario di un intralcio”. Al ministro si ribadiscono dunque punto per punto le critiche rivolte a quanto sostenuto dalla soprintendenza per spiegare il perché di quei tagli e cioè il fatto che non siano pini spontanei e che vista la posizione così vicina al fiume metterebbero a rischio l'incolumità delle persone. Una giustificazione non condivisibile quest'ultima, ribadisce ancora l'associazione, laddove si citerebbero relazioni datate nel tempo. “Ora non v’è chi non veda che le interferenze con il fabbricato che da qualche esemplare potrebbe venir danneggiato, casi specifici di alberi pericolanti o irrecuperabili, la necessità di assicurare una veduta particolare troverebbero anche in chi ha a cuore il patrimonio arboreo la disponibilità a discuterne – scrive ancora Italia Nostra -; qui invece si sostiene, senza nessuna verifica strumentale (la quale si badi, è prescritta), che gli alberi sono tutti pericolosi e vanno abbattuti tutti”. Una “sommaria condanna” con cui si darebbe senso a quanto si sostiene nel progetto di riqualificazione e cioè che questo deve avere come obiettivo quello di “ripristinare il rapporto tra l’immobile e il fiume nella sua configurazione originale”.” Ma quale è il rapporto originario dell’edificio col fiume e con l’intorno? - si chiede quindi l'associazione -. Quello che si evince dalle foto d’epoca racconta di un sito in continua trasformazione dopo la caduta del Forte nel quale in pochi anni cambiavano i principali riferimenti e il circolo sorgeva senza alcuna volontà progettuale che investisse il contesto, ancora in formazione; e quel paesaggio provvisoriamente glabro (speriamo che questa ricostruzione non metta a rischio anche il filare superiore di pini) è oggi in qualche modo ripristinabile? Esso – questa per le due associazioni la risposta - è oggi composto dai parcheggi lungo la golena e relative rampe per accedervi; dagli edifici ulteriori nell’area ex militare; dalla ferrovia sopraelevata e da un nuovo ponte; dall’asse attrezzato di fronte, infrastruttura a regime superstradale in fregio al Bagno Borbonico di cui sarebbe matura la stagione dell’abbattimento ma che incombe ancora sull’intero centro storico. Si comincia dagli alberi dunque, per gli altri detrattori vedremo in seguito”.

“A guardar bene, poi, 'i principi del restauro modernamente inteso' – si legge ancora nella lunga missiva - dovrebbero tener conto di una rilevante presenza vegetale ampiamente storicizzata, dati i decenni di convivenza con l’edificio; dato che essi rappresentano un apporto funzionale consapevole, successivo ma ampiamente compatibile con forma e funzione dell’edificio, volto a conferire amenità al luogo, ritrovo per tanti anni della gioventù sportiva. Non si tratta certo di una veranda o di una tettoia incongrua”. Al ministro si rimarca quindi anche la contrarietà alla posizione della soprintendenza che parla di “rischio archeologico” dell'area. Un rischio che “naturalmente, è condiviso da tutta l’area almeno dalla ferrovia a Ponte Risorgimento – proseguono le associazioni -, area nella quale canalizzazioni, scassi per impianti, costruzioni (alcune ancora in avvio di cantiere) e così via sono frequentissimi. Gli alberi, stando fermi, non fanno danni. Ne riparleremo volentieri quando ci sarà una campagna di sondaggi e di scavi sistematica”.

Non sufficiente neanche la rassicurazione sulle piantumazioni sostitutive che “non sono a bilancio pari: oltre alla statisticamente verificabile moria degli esemplari ripiantati, dobbiamo contare i decenni di benefici persi dalla comunità fin quando i superstiti diverranno adulti. È vero che il verde urbano va affrontato in maniera sistematica attraverso una apposita pianificazione; ma il modo migliore per farlo è partire dalla dote che c’è”. “ Ci sarebbe piaciuto inoltre – concludono rivolgendosi al ministro - che fosse stato citato il pino come pianta da ripiantare, perché identitaria del nostro paesaggio come affermiamo tutti, concordi, in pubblicazioni e convegni.
 Per concludere, vogliamo riconfermare l’atteggiamento collaborativo delle nostre associazioni che abbiamo sempre avuto e vogliamo continuare ad avere sia con gli enti locali che con le istituzioni della tutela”.


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