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Sempre meno persone vivono nelle zone interne dell'Abruzzo, ma in provincia di Pescara la popolazione aumenta del 30,9%

Negli ultimi decenni la popolazione delle aree interne abruzzesi è crollata, un'inversione di tendenza è possibile, ma occorrono politiche pubbliche efficaci: a Montesilvano i residenti sono aumentati di 7 volte negli ultimi 70 anni

Sono sempre meno le persone che vivono nelle aree interne dell'Abruzzo mentre aumenta la popolazione che vive lungo la fascia costiera.
Nella nostra regione c'è lo stesso numero di abitanti del 1951, ma sul territorio la situazione è cambiata radicalmente negli anni.

In 70 anni, nei comuni periferici e ultraperiferici la popolazione si è ridotta di un terzo. 

È la fotografia scattata da un approfondimento tematico di Abruzzo Openpolis (abruzzo.openpolis.it), progetto di Fondazione openpolis, Etipublica, Fondazione Hubruzzo, Gran Sasso Science Institute e StartingUp. Nella maggior parte dei comuni della costa adriatica i residenti sono aumentati e in 70 anni, gli abitanti di Montesilvano sono aumentati di 7 volte, passando da 7mila a 50mila. Negli ultimi decenni l'Abruzzo ha visto un forte spopolamento delle sue aree interne. Un fenomeno di portata nazionale, ma che presenta alcune peculiarità, che è necessario da comprendere per poter studiare, pianificare e realizzare politiche pubbliche adeguate. Nonostante in regione viva più o meno lo stesso numero di persone di 70 anni fa, al proprio interno l'Abruzzo è differenziato. Differenziazione all'interno dei comuni e cooperazione possono essere strumenti per un'inversione di tendenza.

Gli abruzzesi e una stabilità solo apparente

L'Abruzzo ha oggi grosso modo la stessa popolazione del 1951: 1 milione 280mila persone. Ma si tratta di una stabilità solo apparente. In primo luogo perché il numero di abitanti è cambiato nel corso dei decenni. È passato, infatti, da 1,28 milioni del dopoguerra a 1,17 milioni agli inizi degli anni '70, con una diminuzione di quasi il 9% in appena un ventennio caratterizzato dal boom economico, la crescita dell'industrializzazione e l'abbandono dell'agricoltura. Negli anni successivi si è registrata invece la tendenza opposta. I residenti sono tornati sopra la soglia di 1,2 milioni nel 1981, raggiungendo quasi 1,25 milioni nel 1991 e arrivando a 1,3 milioni nel 2011. Nell'ultimo decennio, la tendenza ha nuovamente cambiato segno. Nel 2020 i residenti nella regione sono tornati 1,28 milioni, con un aumento dello 0,3% rispetto a 70 anni prima. Ancora più interessante dettagliare queste tendenze nei territori abruzzesi. Dal 1951 al 2020 la provincia di Pescara ha visto un aumento dei residenti del 30,9%, quella di Teramo del 10,7%. Al contrario, le province dell'Aquila e Chieti hanno registrato un calo rispettivamente del 20% e del 6,2%.

Lo spopolamento comune per comune

Sono soprattutto le aree montane e interne dell'Abruzzo ad aver visto una maggiore contrazione degli abitanti. Nei comuni periferici e ultraperiferici della regione la popolazione è diminuita del 31,4% dal 1951. Un calo ben superiore a quanto registrato a livello nazionale per i territori con le stesse caratteristiche (-20% nello stesso periodo). Appartengono alle aree interne tutti i comuni dove lo spopolamento è stato più vistoso. Villa Santa Lucia degli Abruzzi è passata da 1.251 residenti nel 1951 a 92 nel 2020, con un calo del 92,6%. Il paese si trova in provincia dell'Aquila, ai piedi della parete sud del Gran Sasso, e conta anche una frazione, oltre che il centro principale. Negli anni l'isolamento è stato così evidente, tanto che nel gennaio 2020 l'amministrazione comunale stanziò 25mila euro a fondo perduto per chi avesse aperto un bar, luogo che in paesi così piccoli svolge una fondamentale funzione di socialità. Poche settimane dopo l'apertura del bando, però, è scoppiata la pandemia. Quello di Villa Santa Lucia non è l'unico caso di spopolamento nelle aree interne abruzzese. Altri 32 comuni - tutti periferici o ultraperiferici - hanno registrato cali superiori all'80%. Nel complesso le aree più periferiche hanno perso nel periodo quasi 100mila abitanti dal 1951 e 2020, di cui 11mila nell'ultimo decennio. Com'è evidente anche nella mappa, tuttavia lo spopolamento non è generalizzato. Infatti, molte città della costa adriatica hanno visto un'espansione importante negli ultimi decenni. Su tutte Montesilvano, passata dai circa 7mila abitanti del 1951 agli oltre 50mila attuali (+622,13%). Una crescita rilevabile anche nell'ultimo decennio (+5,8% dal 2011), così come per altri comuni - tutti sul mare o vicini alla costa - cresciuti di oltre il 200% negli ultimi 70 anni: San Salvo, Alba Adriatica, San Giovanni Teatino e Martinsicuro. I comuni polo, centrali in termini di servizi, hanno visto la propria popolazione aumentare del 47,2% dal 1951 a oggi. Una tendenza superiore a quella registrata a livello nazionale (+29,5%) e a cui non fanno eccezione neanche i capoluoghi di province in via di spopolamento. L'Aquila, infatti, ha aumentato i suoi abitanti del 26,9% rispetto al 1951, Chieti di oltre il 20%. Ancora più evidenti le crescite di Pescara (81,4%), Avezzano (61,4%) e Teramo (35,8%).

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