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Venerdì, 29 Marzo 2024
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Il sindacato Sappe sul traffico di droga in carcere in cui è coinvolto un agente: "Polizia penitenziaria è istituzione sana"

L'organizzazione sindacale interviene dopo l'interdizione per un anno di un assistente capo della polizia penitenziaria accusato di aver consegnato droga e smartphone ai detenuti in cambio di soldi

«La polizia penitenziaria è un'istituzione sana».
Questa la presa di posizione del sindacato Sappe dopo la misura interdittiva della durata di un anno nei confronti di un assistente capo che avrebbe fatto entrare nella casa circondariale San Donato di Pescara droga e smartphone.

«È un dovere tutelare l’istituzione penitenziaria e le donne e gli uomini del Corpo di polizia penitenziaria in servizio nella casa circondariale di Pescara alla luce della misura cautelare personale interdittiva a cui è stato sottoposto un assistente capo accusato di avere introdotto droga e telefonini nel carcere San Donato», dice Donato Capece, segretario generale del Sindacato autonomo polizia penitenziaria Sappe, la prima e più rappresentativa organizzazione dei baschi azzurri. 

Capece poi aggiunge: «Nell'assoluta convinzione dei capisaldi giuridici della presunzione d'innocenza e del carattere personale della responsabilità penale, che vale per tutti, se gli indizi saranno confermati il responsabile che avrebbe favorito traffici illeciti ai detenuti subirà le giuste conseguenze sia sotto il profilo penale e disciplinare perché ha tradito lo Stato e la fiducia di tutti i colleghi. La polizia penitenziaria è in prima linea per eliminare le mele marce. È inutile nascondere la grande amarezza che questo grave fatto ha determinato tra i colleghi di Pescara e dell’Abruzzo, ma il Corpo di polizia penitenziaria è una Istituzione sana. È del tutto evidente che rendersi responsabili di comportamenti che sono non solo contrari alla nostra etica professionale ma addirittura illegali perché violano le norme penali è assolutamente ingiustificabile, tanto più se a porli in essere è chi svolge la delicata professione di poliziotto penitenziario».

«Se le accuse fossero confermate si tratterebbe di un caso d'infedeltà che non comprometterebbe, in ogni caso, la dedizione al servizio dello Stato del Corpo di polizia penitenziaria», dice a LaPresse Giuseppe Merola, coordinatore Fp Cgil Abruzzo e Molise, riferendosi al caso dell'assistente capo della Polizia penitenziaria indagato a Pescara per l'ipotesi di aver introdotto, in carcere al San Donato, droga e cellulari. Il poliziotto è stato sottoposto oggi alla misura cautelare del divieto di svolgere il pubblico servizio nel carcere del capoluogo adriatico. L'ordinanza è stata eseguita dalla squadra volante diretta dal vicequestore Pierpaolo Varrasso. «Il caso impone una riflessione sulla sicurezza delle carceri», conclude Merola, «se il sistema penitenziario fosse in salute disporrebbe di tutti gli anticorpi anche di quelli necessari per impedire e prevenire i pochissimi casi d'infedeltà».

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