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Pianella, assolta la consigliera Sergiacomo accusata di diffamazione dal sindaco Marinelli

Per il tribunale di Pescara il post su Facebook "incriminato" non costituisce reato

È stata assolta perché «il fatto non costituisce reato» Annaida Sergiacomo, consigliera comunale di Pianella che era stata denunciata per il reato di diffamazione dal sindaco Sandro Marinelli.
Il processo penale, durato quasi 2 anni, si è concluso lo scorso 22 giugno.

«Come ricorderete tutti», scrive la Sergiacomo, «sono stata chiamata a rispondere del reato di diffamazione perché, quale consigliere di minoranza, avevo criticato aspramente, con un post sulla mia pagina Facebook, la nomina della moglie del sindaco di Pianella nel consiglio di amministrazione della società Ambiente spa partecipata dal Comune di Pianella. Il sindaco, avvocato Marinelli, dopo aver dato impulso al processo con il suo atto di denuncia, si è costituito parte civile chiedendo la mia condanna al risarcimento dei danni provocati alla sua immagine e quantificati in 50 mila euro».

Poi la Sergiacomo prosegue: «All’esito dell’istruttoria e acquisite le prove a discarico, il tribunale di Pescara, con sentenza numero 1781/2021, mi ha assolto con formula piena, sul presupposto che, avendo la sottoscritta rappresentato un fatto vero, in alcun modo alterato o strumentalizzato nel post sulla pagina Facebook, la critica annotata è stata espressione proprio di quel controllo politico che sono tenuta ad esercitare nel rispondere al mandato ricevuto dagli elettori».

Questi alcuni passaggi della motivazione: «Nessun dubbio sulla verità del fatto posto che la notizia prima di essere stata pubblicata è stata diligentemente accertata (…). La libertà del dissenso espressa dalla Sergiacomo nel post pubblicato su Facebook, non può essere negata nel caso in esame, in quanto maturato nell’ambito di riflessioni su vicende pubbliche di innegabile interesse pubblico (…) Pertanto si impone una decisione assolutoria».

Così conclude la Sergiacomo: «Vi confesso che, dopo una vita trascorsa ad aiutare il prossimo, a combattere le ingiustizie, e a esprimere il mio pensiero facendomi portavoce del pensiero di molti, ho vissuto l’accusa mossa nei miei confronti come un malcelato tentativo di “addomesticare” le mie battaglie. Nel corso del processo, durato due anni, avrei potuto formulare pubbliche scuse, dichiararmi pentita per l’accaduto e raggiungere un compromesso compiacente con il mio accusatore, così da definire il giudizio con un accordo, come alcuni amici mi avevano consigliato preoccupati per la somma assurda richiestami a titolo di risarcimento. Non l’ho fatto perché non ho ritenuto di far tacere il mio pensiero e, soprattutto, il pensiero di tutti i cittadini ai quali ho il dovere di dare voce e che rappresento; non l’ho fatto per non perdere la loro stima e anche la mia; non l’ho fatto perché ho creduto che la giustizia, per funzione e per competenza, fosse capace di valutare i fatti con obiettività e imparzialità e, quindi, di affermare, così come ha fatto, la mia innocenza, oltre alla legittimità ed al valore democratico della mia critica politica. Non l’ho fatto perché sono stata sostenuta e rincuorata dai tanti amici ed elettori che ringrazio e dai quali ho attinto e continuo ogni giorno ad attingere la forza per combattere le nostre battaglie!».

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