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Mercoledì, 24 Aprile 2024
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Rigopiano, Feniello: "No a un monumento sul luogo della tragedia"

Il padre di Stefano Feniello è convinto "che quelle persone che sono morte ingiustamente dovrebbero riposare in pace, non essere calpestate anche da morte. Chi vuole andare sul luogo del disastro porta un fiore, in silenzio, senza creare economia"

No ad un monumento a Farindola, sul luogo della tragedia di Rigopiano, dove un tempo sorgeva l'omonimo hotel che il 18 gennaio 2017 è stato seppellito da una valanga. Lo dice Alessio Feniello, che nella sciagura ha perso il figlio Stefano. L'Adnkronos riporta le dure parole che l'uomo ha detto in un'intervista ad Abruzzolive.tv:

"Non ci dev'essere nessun monumento nei pressi dell'albergo. Prima quell'hotel serviva a richiamare turisti e a creare economia in paese. Adesso c'è l'idea di realizzare, in quel posto, un monumento alla memoria… anche per far ripartire l'economia locale. Vogliono usare la vita dei nostri figli, quindi anche del mio, per questo. È stato detto chiaramente, a più riprese, anche in interviste e anche nell'aula consiliare di Farindola".

Feniello è però convinto "che quelle persone che sono morte ingiustamente dovrebbero riposare in pace, non essere calpestate anche da morte. Chi vuole andare sul luogo del disastro porta un fiore, in silenzio, senza creare economia. Non si può pensare di sfruttare così la vita di mio figlio e degli altri che non ci sono più. È offensivo. Si dovrebbero vergognare, anche a dichiararle pubblicamente, certe cose". 

Il signor Feniello poi punta l'indice contro il Comune di Farindola e i suoi amministratori che, sempre nell'intervista rilasciata ad Abruzzolive.tv, definisce "capaci solo di pascolare le pecore": "Mio figlio - tuona - è stato ucciso dalle istituzioni e dalla loro incapacità". E ancora: "Sapevano di poter contare solo su un trattore da 300 euro per liberare le strade da metri di neve e allora avrebbero dovuto chiuderlo quell'albergo, il giorno prima". 

Il figlio Stefano era andato nell'hotel con la sua fidanzata: "Quando sono arrivati nevicava tanto, ma li hanno scortati fino all'albergo - aggiunge Alessio Feniello - Li hanno accompagnati a morire. Se sapevano di non avere adeguati mezzi di soccorso, perché sono andati fin lassù? Dovevano chiuderlo quel posto, per prevenire, e non continuare a farci andare gente… È una storia  assurda, che non mi dà pace".

Infine, parlando dei continui rinvii dell'udienza preliminare, fissata ora per il 25 giugno ma che subirà ancora uno stop a causa dello sciopero dei penalisti, afferma: "Sono passati quattro anni e mezzo e il processo non è ancora iniziato, ma certi personaggi ricoprono ancora cariche pubbliche e alcuni sono stati pure promossi".

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