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Martedì, 26 Settembre 2023
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La Cgil sul Rapporto Caritas 2022: "In Abruzzo e Molise vi si rivolgono soprattutto gli italiani, sono oltre il 53 per cento"

Il dato è in controtendenza rispetto al Paese dove ad aver bisogno di assistenza e sostegno sono soprattutto gli stranieri. Due persone su tre hanno un basso livello di istruzione e con lo stop al reddito di cittadinanza il sindacato teme un peggioramento

Sono soprattutto gli italiani a rivolgersi alla Caritas in Abruzzo e in Molise. Il dato emerge dal rapporto “La povertà in Italia secondo i dati della Caritas” relativo al 2022 illustrato dalla Cgil e il Patronato Inca. Una tendenza contraria rispetto a quanto avviene nel resto del Paese, sottolinea il sindacato, “dove gli stranieri che chiedono assistenza sono di più. Inoltre, due persone su tre di quelle che, nelle due regioni, chiedono supporto hanno un basso livello di scolarizzazione, dato simile a quello dei soggetti che non lavorano”.

Gli italiani di Abruzzo e Molise che rivolgono alla Caritas sono infatti il 53,2 per cento a fronte del 45 per cento degli stranieri che invece rappresentano il 59,6 per cento nel Paese a fronte del 39 per cento degli italiani. “Un dato questo – dichiarano in una nota congiunta Cgil e Patronato Inca - che evidenzia come la povertà in Abruzzo-Molise sia strutturale e riguardi fasce sociali che non riescono a superare quella che ormai è una condizione stabile”.

Dal rapporto emerge anche come nelle due regioni il 42 per cento delle persone che si rivolge alla Caritas ha la licenza media inferiore, il 14,7 per cento la licenza elementare, il 4,9 per cento nessun titolo e l’1,7 per cento è analfabeta. Complessivamente il 68 per cento degli utenti ha un basso livello di scolarizzazione. Una percentuale simile a quella dei soggetti che non lavorano e si rivolgono alla Caritas, che è pari al 58,5 per cento (47,7 per cento di disoccupati e 10,8 per cento di casalinghe).

“Questi due dati, letti in parallelo - commenta il sindacato - testimoniano che la povertà è spesso causata da una scarsa scolarizzazione che impedisce di sviluppare competenze sufficienti per il mercato del lavoro e condanna quindi alla disoccupazione. Competenze difficili da acquisire anche dopo percorsi formativi di carattere professionale che mal si conciliano con situazioni personali di frequente caratterizzate da lunghi periodi di inoccupazione ed età mediamente avanzata. Un quadro che sarà ancor peggiore da settembre quando verrà meno – conclude -, per molte di queste persone, il sostegno del reddito di cittadinanza che non verrà più erogato ai nuclei familiari composti da persone con meno di 60 anni e considerate, quindi, in maniera assolutamente impropria, 'occupabili'”.

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