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Venerdì, 26 Aprile 2024
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Tragedia di Rigopiano, la sentenza potrebbe arrivare ad inizio 2023: è arrivato il momento della requisitoria

Il 18 gennaio 2017 il dramma, poi l'indagine e infine il rinvio a giudizio per 30 persone complessivamente: la politica non c'è, ma il "sistema" comando e prevenzione è chiamato a rispondere di molti reati, in aula si torna mercoledì con i pubblici ministeri protagonisti

Dopo quasi sei anni di attesa la prima parte del processo di Rigopiano si avvia alla conclusione. Come ricorda l'agenzia Ansa, infatti, mercoledì inizierà la requisitoria dei pubblici ministeri cui seguiranno le udienze e le arringhe dei difensori per quello che è uno dei processi per calamità naturali più complesso. Una tragedia quella del crollo dell'hotel ricompreso nel comune di Farindola che il 18 gennaio 2017 che si prese 29 vite per le quali oggi i parenti chiedono giustizia. Undici furono i superstiti.

Impossibile dimenticare quei giorni. L'Abruzzo è stato colpito da un'ondata di maltempo eccezionale. Strade interrotte, metri e metri di neve, persone morte per assideramento, paesi isolati e oltre 300mila persone senza luce. In questo scenario si è consumato quel dramma che ha colpito al cuore tutto il Paese e che portò all'iscrizione sul registro degli indagati di 24 persone oltre alla società proprietaria della struttura. Un primo filone cui presto si aggiunse quello sul presunto depistaggio sulle responsabilità dei dirigenti della prefettura portando il totale dei mandati a processo a 30.

Un processo da cui la politica regionale è uscita indenne: nel 2022 infatti in 22 tra ex presidenti, assessori e altri dirigenti sono stati prosciolti dopo essere finiti nell'indagine per la mancata realizzazione della cosiddetta “Carta valanghe”. Un documento che però resta uno dei punti cardine del processo e che l'inchiesta ha stabilito essere per legge di competenza degli organi amministrativi.

A processo con rito abbreviato ci sono esponenti oltre che della prefettura, anche della Regione, della Provincia e dell'amministrazione di Farindola. A loro si aggiungono tecnici e privati. Tanti i reati di cui sono chiamati a rispondere: si va dal disastro colposo alle lesioni plurime colpose passando per l'omicidio plurimo colposo, il falso ideologico, l'abuso edilizio, l'omissione di atti d'ufficio e vari reati ambientali. Tra i nomi più importanti spiccano l'ex prefetto Francesco Provolo, l'ex presidente della Provincia Antonio Di Marco e il riconfermato sindaco di Farindola Ilario Lacchetta. Per il resto dirigenti pubblici, funzionari con competenze di Protezione Civile, professionisti.

L'indagine ha riguardato le responsabilità di previsione e prevenzione della catastrofe e la gestione dell'emergenza, oltre che le questioni urbanistiche relative all'hotel. La Regione entra nel processo quindi per non aver dato vita alla Carta Valanghe la cui presenza avrebbe impedito la costruzione dell'hotel, insito in una zona storica di valanghe.

C'è poi il capitolo della gestione dell'emergenza, nel quale rientrano le responsabilità di prefettura, provincia e Comune, assieme alle competenze sulla viabilità. Il comune è nel processo per la realizzazione stessa del resort, per aver dato i permessi di costruzione pur sapendo che era in zona a rischio valanghe anche in assenza di una Carta Valanghe. Il cosiddetto depistaggio sulle telefonate di allarme arrivate in Prefettura sin dal mattino finisce nel processo principale perché è connesso con le omissioni precedenti al fatto: pur realizzandosi dopo e non incidendo sulla valanga, interviene nelle indagini.

Si tratta di un processo con responsabilità sistemiche e concatenate, nell'ambito di comportamenti omissivi o colposi, che vanno dai permessi di costruzione ai soccorsi, passando per l'inquadramento e il rispetto delle norme. Ognuno degli enti risponde di competenze specifiche a volte con concorso tra di loro.

A processo sono arrivate anche le due perizie disposte da procura e gup (giudice per l'udienza preliminare): tra le due non ci sono sostanziale differenze. Se quella degli esperti della procura guidata da Giuseppe Bellelli, coadiuvato dai sostituti Andrea Papalia e Anna Benigni ha ricostruito i fatti, quella del giudice ha risposto ad alcune domande specifiche, tra cui se le scosse di terremoto registrate al mattino avessero potuto innescare la valanga.

La risposta è stata interlocutoria: non c'è una connessione certa così come in linea teorica non si potrebbe escluderla. Tuttavia è stato rilevato che l'aver permesso la costruzione di un resort in una zona valanghiva e sismica, potrebbe essere persino aggravante. Se i tempi del dibattito saranno rispettati, da qui alla fine dell'anno, conclude l'agenzia Ansa, ci saranno sei udienze: potenzialmente la sentenza potrebbe essere emessa all'inizio 2023, a sei anni dal disastro.

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