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Sentenza Rigopiano, l'avvocato Reboa procede contro il procuratore: "Ritengo le sue parole offensive e diffamatorie"

La dichiarazione il legale di parte civile, che nel procedimento difende diversi familiari delle 29 vittime, l'ha rilasciata all'agenzia LaPresse: "Per il grande rispetto che ho nel sistema giurisdizionale italiano ho deciso di affidare allo stesso la tutela della mia onorabilità"

“Ho preso atto del comunicato del 23 maggio 2023 del procuratore della Repubblica di Pescara che ritengo offensivo e diffamatorio della mia persona e della mia figura professionale, oltre che di difensore di familiari di vittime. Poiché non ci troviamo in presenza di uno scambio di opinioni tra uomini di legge, per il grande rispetto che ho nel sistema giurisdizionale italiano ho deciso di affidare allo stesso la tutela della mia onorabilità, sicché non vi saranno repliche anche se, ovviamente, non cesserò di commentare la vicenda processuale della valanga che ha provocato 29 vittime all'Hotel Rigopiano, ove richiesto”.

Con queste parole rilasciate all'agenzia LaPresse l'avvocato Romolo Reboa, legale di parte civile di alcune famiglie nel processo di Rigopiano, fa sapere di aver deciso di procedere nei confronti del procuratore perché sia la magistratura a chiarire se le parole con cui ha replicato a quanto da lui affermato in merito alle motivazioni che hanno portato alla sentenza di primo grado del processo che ha visto l'assoluzione di 24 dei 30 imputati, siano o meno lecite nei confronti di un difensore.

L'avvocato lette le motivazioni del gup Gianluca Sarandrea aveva ribadito come a suo parere è stata “la formula dei capi di imputazione che ha portato a molte assoluzioni” aggiungendo che a suo giudizio la procura dovrebbe “rivedere la posizione di alcuni soggetti”. Quindi il comunicato del procuratore Giuseppe Bellelli che su eventuali altre responsabilità ha affermato che “è la stessa sentenza ad escludere tale evenienza con la formula ‘fatto non sussiste’” invitando “a stare in guardia da tentativi irresponsabili di immettere nel circolo del processo mediatico suggestioni non fondate sulla realtà, che nuocciono alla ricerca della verità e creano false aspettative”. Di qui la decisione di Reboa di non replicare più, ma di “affidare al sistema giurisdizionale italiano la tutela della mia onorabilità”.

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