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Nuovo Saline Onlus scioglie i dubbi sulla morìa di cefali nel mare Adriatico

Sono due le cause accertate. Oltre ad una malattia contagiosa (pasteurellosi), c'è anche un'azione di bracconaggio che è stata riscontrata a nord del porto di Pescara

Le analisi confermano quanto ipotizzato da Nuovo Saline Onlus.
La morìa di cefali che sta avvenendo nello specchio d'acqua tra Montesilvano e Pescara ha una spiegazione legata a una patologia diffusa e un'altra che invece è una vile conseguenza causata dall'uomo.

La malattia riscontrata sui pesci morti e ritrovati a riva è dovuta alla presenza di un micro organismo appartenente al genere pasteurella, letale sul rene e sul fegato di questa specie dell'Adriatico, particolarmente soggetta a certi tipi di infezione.

L'esame necroscopico effettuato sulle carcasse spiaggiate che sono state recuperate all'altezza del molo nord del porto di Pescara, mostra invece i segni delle maglie di reti da posta. Viene dunque da pensare che i bracconieri, dopo aver issato il tramaglio per la pesca da frodo, si siano liberati dei cefali morti, e quindi non commerciabili, rigettandoli in mare. Una pratica illegale scoperta quasi per caso, ma ugualmente distruttiva al pari del pericoloso batterio. Va comunque precisato che la pasteurellosi non è trasmissibile all'organismo umano, in quanto termolabile già a 20 gradi di temperatura. Potenzialmente i cefali intaccati da questo agente patogeno si possono anche ingerire crudi, ma nello specifico si tratta di organismi in decomposizione e quindi non adatti ad un uso alimentare. Si sconsiglia vivamente di raccoglierli, onde evitare virus intestinali.

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