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Giovedì, 25 Aprile 2024
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La banca può chiudere il conto di un'impresa se non ne approva l'attività, l'ordinanza del tribunale di Pescara

L'ordinanza riguarda il conto corrente del titolare di un centro scommesse di Montesilvano che aveva aperto un conto bancario nel 2016

Una banca può decidere di chiudere il conto corrente di un'impresa se non ne approva il tipo di attività svolto.
È quanto stabilisce una recente ordinanza emessa dal tribunale di Pescara e firmata dal giudice Roscigno lo scorso 11 dicembre, come riferiscono "La legge per tutti" e "gioconews.it".

All’istituto di credito viene riconosciuta la facoltà di esercitare il diritto di recesso se il cliente esercita in un settore che contrasta con i suoi princìpi etici, scrive il sito "La legge per tutti", nel commentare il provvedimento nei confronti di un centro scommesse di Montesilvano.  

La chiusura del conto, contro la quale l'imprenditore si era rivolto al tribunale deriva dalla richiesta di un prestito garantito di 25 mila euro sulla base del decreto Liquidità dello scorso aprile che il governo aveva adottato come misura di sostegno alle imprese. Ma l'istituto di credito non solo ha negato il prestito “causa il settore merceologico in cui le società operano”, ma che “sentita la direzione” la stessa aveva riferito che in applicazione delle disposizioni impartite dalla società capogruppo era stata prevista la chiusura dei rapporti in essere. 

Secondo i giudici abruzzesi l’istituto ha facoltà di esercitare il diritto di recesso se il cliente esercita in un settore contro i principi etici.

«Può una banca chiudere un conto se non approva il tipo di attività rispetto ai suoi princìpi etici?», scrive gioconews.it, portale di informazione dedicato al mondo del gioco, «sì, secondo i giudici del tribunale di Pescara che attraverso una pronuncia che ha del clamoroso, intervengono su un tema particolarmente "caldo" per gli operatori del gioco. Dopo le ripetute doglianze di tanti gestori che si sono visti interdire i propri conti correnti per ragioni "etiche". Ebbene, secondo il tribunale di Pescara chiamato a esprimersi sul ricorso di un operatore di gioco, se l’istituto di credito considera che il modo in cui il suo cliente si guadagna la vita e alimenta il conto che ha in una sua filiale, può dire al correntista di rivolgersi altrove».

«Il tribunale», scrive la "Legge per tutti" ha rispolverato l’articolo 41 della Costituzione, che recita testualmente: "L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana». Ed è il primo periodo quello su cui sembra far leva l’ordinanza, dato che un centro scommesse non reca necessariamente «danno alla sicurezza, alla libertà o alla dignità umana". Piuttosto, sostiene il giudice, in assenza di una specifica limitazione della legge si deve ritenere che ciascuna delle parti abbia la facoltà, per proprie convinzioni etiche, di decidere di avvalersi del diritto di recesso che viene riconosciuto nel regolamento del contratto».

In sostanza, pur non trattandosi di attività illecite ma solo di un centro scommesse, se la banca non approva l’attività può chiudere il conto e il recesso sarà legittimo.

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