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'Nduccio si racconta a IlPescara.it e presenta la sua “rassegna strampa”

Parla il noto comico, cabarettista, musicista e cantautore abruzzese: “Leggete IlPescara.it perché fa bene alla salute!”

Comico, cabarettista, musicista e cantautore, Nduccio si racconta al nostro giornale on line e presenta la sua “rassegna strampa”. E dice: “Leggete IlPescara.it perché fa bene alla salute!”.

Cosa pensa de IlPescara.it? Le piace la nostra testata?

«Conosco da tempo ilPescara.it. Ho preso in prestito a volte i titoli per costruire qualche battuta sulla mia “Rassegna Strampa”. Ritengo sia un utile e resistente sistema di informazione, veloce e attivo».

Che mestiere avrebbe fatto nella sua vita se non fosse diventato comico?

«In realtà non mi sento un comico, non credo di essere comico. Credo piuttosto di essere un attore e autore di canzoni popolari del Centro Italia che per completezza di personaggio ha assunto le sembianze e il ruolo di un comico. Se non avessi fatto questo lavoro avrei continuato a lavorare nella Telecom, assistente ai Lavori».

E’ vero che avrebbe voluto diventare missionario comboniano in Africa?

«Sì, da ragazzino sentivo forte il richiamo dell’Africa e dell’Evangelizzazione. Finii poi in un seminario della Pia Società San Paolo dove ho fatto le scuole Medie e il Ginnasio».

Perché?

«Perché? E chi lo sa perché? Non c’è sempre una risposta ai perché dei propri sentimenti. Se ami qualcosa non lo sai neanche tu perché. Specialmente se è un amore che parte dal profondo dell’anima».

Qual è la sua visione dell’Italia di oggi, sempre più multietnica?

«La diversità è una ricchezza! Quando c'è diversità, c'è varietà, in tutto. Nelle razze, nei colori, nelle culture, nelle abilità, nei sessi, nelle fisicità, nei sentimenti, nei cuori! Più saremo diversi e più capiremo il motivo della nostra esistenza».

Come definisce il suo legame con la città di Pescara e con i pescaresi?

«Amo Pescara, il mare, Porta Nuova, Ennio Flaiano, D’Annunzio e… ma sono pescarese nella stessa misura in cui sono abruzzese. Mi sento anche teramano, chietino, aquilano, campobassano, e di tutta l’Italia Centrale che conosco molto bene. Ho un ottimo rapporto con tutta la cultura simile alla nostra. Mi diverto un mondo ad apprendere usi costumi tradizioni che in fondo in fondo si rassomigliano tra di loro».

Il suo luogo preferito in città?

«Ce ne sono tantissimi. San Silvestro il mio villaggio, ma amo il mare, il Porto, il mercato coperto, il mercato del lunedì: sono questi i posti e le atmosfere essenziali per me».

Il “sentimento agricolo” ha da sempre contraddistinto la sua vita. Anche in cucina?

«In realtà “il Sentimento Agricolo” è stato il nome con cui Arbore ha battezzato il mio gruppo musicale, ma mi ritrovo assai in tutto ciò che è agricolo. Ho fatto un’infanzia tra San Silvestro e Bucchianico ed il mondo dell’agricoltura ha rappresentato tutto il mio universo di bambino, i miei sogni, il mio orizzonte».

Foto Nduccio-2

Sa cucinare?

«Me la cavo, anche se vado meglio a mangiare. In Australia un giorno cucinai una tagliatella con panna, pinoli, scamorza, parmigiano, cipolla e zafferano. C’è un ristorante a Perth che lo mise nel proprio menu, “Pasta alla Nduccio”, come pure un forno di Rocca San Giovanni presenta la “Pizza alla Nduccio” con i peperoni, una delizia!».

Quale piatto della tradizione locale le piace?

«Mangio di tutto e di più, dal crudo di pesce, mio piatto preferito, alle rape con le panocchie, senza tralasciare le melanzane cucinate in ogni modo e l’irrinunciabile primo piatto: sagne e fasciule!».

Lei ha avuto anche una breve esperienza da amministratore. Alla luce del suo vissuto, di quali interventi avrebbe bisogno oggi Pescara?

«Pescara avrebbe bisogno, come tutte le Amministrazioni, di tanti soldi, spesso negati dai Governi centrali. Ci vuole tempo per capire bene ogni problema e tentare di risolverlo. Pescara per certi versi è frenetica e ha necessità di conoscere il proprio passato per poterlo riproporre. Dai salotti culturali al turismo eco-compatibile, dalla coscienza delle proprie bellezze alla responsabilità di ogni cittadino nel difenderle. Non deve cercare di assomigliare a nessuna altra città, non ne ha bisogno. Deve conoscere e scegliere di essere se stessa».

Lei è peraltro un appassionato di astrologia. Cosa dicono le stelle per il futuro della città?

«Non ho mai fatto un oroscopo per la mia città. Dovrei studiare bene la data di nascita, ma è difficile, se farla risalire al nome primordiale di “Pescara”, a Castellamare o alla “Pescara” riunita. Non saprei».

Cosa fa nel tempo libero?

«Leggo, leggo tanto ma ormai poco perché mi assorbono le iniziative in cui spesso, suicida, vado a immischiarmi».

Perché ha scelto come nome artistico “Nduccio”? E se non fosse stato “Nduccio”, sarebbe stato…?

«Era il nome di un vecchietto e mi raccontava di lui un mio compagno di scuola di Roseto. Volevo copiare la sua originalità e simpatia. Diversamente non lo so, non ci ho pensato».

Qual è stato l’artista con cui ha collaborato che le è rimasto nel cuore e perché?

«Ce ne sono tantissimi, amici veri e fraterni. Potrei dire Renzo Arbore perché è il più importante; oppure il grande Mogol, o ancora il fratellone Mimmo Locasciulli. Oggi mi viene di più Goran Kuzminac, recentemente scomparsom del quale ho ammirato la grandezza, la consapevolezza e nello stesso tempo l’umiltà, la semplicità e la sincerità e l’affetto, oltre al suo grandissimo talento. Una grande perdita».

Da appassionato di proverbi dialettali, ce ne concede uno in chiusura?

«Se vu’ ca lu monne cagne... ride quanda te ve’ da piagne!».

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