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Meno tavolini in piazza Muzii, il Comune vince contro gli esercenti davanti al Tar: si valuta l'appello al consiglio di Stato

Il ricorso è stato giudicato in parte improcedibile e in parte è stato respinto. Per i giudici la priorità è "l'interesse pubblico": il riposo va garantito e l'ambiente tutelato contro l'inquinamento acustico. L'avvocato Lucchi: "Massimo rispetto per la decisione, ma un po' forzata"

In parte improcedibile, in parte respinto. Queste le ragioni della “sconfitta” degli esercenti di piazza Muzii davanti al Tar (Tribunale amministrativo regionale) cui erano ricorsi contro la determina del 2 novembre 2022 (rettificata due giorni dopo) del settore Qualità degli spazi pubblici del Comune di Pescara. Una determina con cui è stata decisa la diminuzione degli spazi per l'occupazione del suolo pubblico riducendola ad un posto a sedere al metro quadro così come previsto dal Regolamento di igiene e sanità. Una determina fondata sulle rilevazioni Arta del 2021 e contro cui a ricorrere sono stati quegli esercenti che le autorizzazioni le hanno avute dopo che quelle rilevazioni erano state fatte chiedendo per questo anche un risarcimento danni che il triubunale non ha riconosciuto. 

Il Tar riconosce come prioritario "l'interesse pubblico" del riposo e della salvaguardia dell'ambiente

Una sconfitta tecnica nella parte in cui si dichiara l'improcedibilità, ma anche nel merito laddove il ricorso viene respinto dato che il problema dell'inquinamento acustico è stato di fatto riconosciuto come prioritario nella tutela dell'interesse pubblico. Il superamento dei limiti di legge del rumore si legge nel dispositivo, è “strettamente correlato alla tutela della salute umana, avendo ad oggetto, per quanto concerne gli spazi aperti al pubblico, il disturbo arrecato alle occupazioni e per le ore serali, come nella specie, al riposo delle persone” e che “l’inquinamento acustico è definito quale introduzione di rumore tale da provocare non solo fastidio o disturbo alle attività umane ed al riposo, ma anche deterioramento per gli ecosistemi, l’ambiente abitativo e l’ambiente esterno idoneo ad inibirne la fruizione da parte della collettività”.

Per i giudici il Comune modificando le autorizzazioni rilasciate ha di fatto “rimosso un vizio di illegittimità originario delle concessioni già rilasciate” per cui nessun risarcimento è dovuto specifica la sentenza. Questo anche in considerazione del fatto che, proseguono i giudici, “l’amministrazione stabiliva che l’autorizzazione rilasciata poteva essere sospesa temporaneamente o revocata in qualsiasi momento, con provvedimento motivato, per sopravvenute ragioni di interesse pubblico, di viabilità, di sicurezza o in occasioni straordinarie senza diritto d’indennizzo alcuno”. Se nel ricorso gli esercenti chiedevano quel risarcimento anche alla luce degli importanti cali di fatturato registravano, il Tar ha però rispedito al mittente la richiesta anche per un'altra ragione e cioè per il fatto che “è venuta meno l’efficacia dei provvedimenti impugnati, per effetto dell’intervenuta scadenza delle concessioni di occupazione di suolo pubblico rilasciate agli esercenti ricorrenti per la somministrazione al pubblico di alimenti e bevande, nonché in assenza di dichiarati eventuali provvedimenti di rinnovo sopraggiunti che siano stati rilasciati alle medesime condizioni ritenute lesive”.

Contestata anche l'eccezione sollevata in merito al fatto che si applicava un Regolamento, quello di igiene e sanità pubblica, ad un problema diverso ovvero quello del rumore. Per il Tar la disciplina rientra nel regolamento indicato dal Comune come quello di riferimento perché tra i suoi obiettivi rientra anche quello “della salvaguardia a dalle immissioni di rumore antropico laddove esse siano superiori ai valori soglia stabiliti ex lege”.

Il tribunale si spinge anche oltre proprio in riferimento al tema dell'inquinamento acustico che è il filo conduttore della sentenza. La sua salvaguardia per i giudizi “a differenza di quanto dedotto, dovrebbe rappresentare motivo di maggiore attrattiva e godibilità del distretto interessato, in mancanza di riscontro sull’asserzione relativa al minore afflusso registrato e comunque non documentato che potrebbe essere ben rapportabile, in ipotesi, ad altri fattori quali la stagionalità, le condizioni atmosferiche, la maggiore attrattività di altre aree della città”.

L'avvocato Lucchi: gli esercenti valutano l'appello al consiglio di Stato

Non è escluso che gli esercenti assistiti dall'avvocato Andrea Lucchi faranno appello al consiglio di Stato come lo stesso legale spiega a IlPescara. Per lui la sentenza è un po' “forzata”.

“Massimo il rispetto per il lavoro dei magistrati – spiega – e ben so che il tema 'rumore' è perdente di fronte ad una giurisprudenza che sembra muoversi in una specifica direzione. Lo dimostra la prima sentenza della Cassazione di questi giorni con cui a Brescia è stato riconosciuto il risarcimento dei residenti per i rumori della movida”.

“Noi però – sottolinea – non abbiamo impostato il ricorso sul rumore, ma su vizi formali e su questo il tribunale ha risposto e non ha risposto sostenendo che c'è il potere amministrativo di rivalutare anche i provvedimenti di autorizzazione e concessione. Questo è verissimo, ma sul fatto che le autorizzazioni erano tutte successive ai rilievi dell'Arta il tribunale non si è pronunciato. Per quanto mi riguarda al consiglio di Stato ci si dovrebbe rivolgere per l'appello anche perché il fatto che le spese siano state compensate, come dice la sentenza, dimostra che non abbiamo fatto un lavoro inutile”.

Il legale conferma: sul piano di risanamento acustico inevitabile il ricorso al Tar

Una sentenza quella del Tar che inevitabilmente si intreccia alla complessa vicenda del piano di risanamento acustico. Per Lucchi il ricorso al Tar paventato dalle associazioni di categoria potrebbe essere inevitabile.

“Il problema in questo caso – spiega – è che il piano è una cornice dentro la quale si muoveranno i provvedimenti concreti che saranno presi. Se non si impugna quello che tecnicamente si chiama 'atto presupposto' non si può poi far nulla su eventuali altre decisioni che si vogliono contestare. Una cosa questa che abbiamo più volte detto all'amministrazione proprio per evitare il muro contro muro”.

Un piano, va ricordato, con cui si mira a diminuire il flusso di persone che si riversano in piazza Muzii sempre per ridurre il rumore e contrastare l'inquinamento acustico. Rilevazioni che comunque saranno ripetute per verificare se la situazione è la stessa del 2021 e se dunque provvedimenti restrittivi dovranno o meno essere presi. Gli esercenti e le associazioni sostengono che ormai la situazione sia completamente cambiata e anche quei cali di fatturato cui si faceva riferimento nel ricorso perso lo dimostrerebbero. I calcoli in questo caso, spiega ancora il legale, sono stati fatti tra il 2019-2020, anni della pandemia, e i mesi appena precedenti la determina del novembre 2022, quella contro cui era stato fatto il ricorso e questo perché, specifica, nel mezzo c'erano stati altri provvedimenti restrittivi. Se nel 2019-2020 il calo di fatturato è stato calcolato in 215mila euro, nel secondo periodo considerato si sarebbe arrivati a 500mila euro in meno di incassi.

Certo è che la prima partita sul primo dei provvedimenti e per ora unico ad essere stato impugnato, gli esercenti l'hanno persa. In attesa di sapere se si rivolgeranno al consiglio di Stato, una volta finita la fase delle osservazioni, si dovrebbe dunque aprire la seconda e cioè quella contro il piano di risanamento acustico che quasi certamente finirà davanti al Tar sia per consentire eventuali ricorsi su provvedimenti successivi ad essi riferiti, ma anche probabilmente per dilatare i tempi di applicazione dato che l'estate è alle porte e con essa anche la movida. 

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