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Marco Papa, comico e cabarettista abruzzese “doc”: «Sarei stato un bravo chirurgo!»

Dal suo amore per il mare alla sua vita privata, dai primi passi in radio con Vincenzo Olivieri al tormentone “Troy”

Possiamo spettegolare un po’ sulla sua vita privata? Ci racconti un po’ di sé. È sposato? Ha figli? Insomma chi è Marco Papa fuori dal palcoscenico?

«Sono sposato, separato come la maggior parte degli italiani (dice ironicamente, ndr). Ho due figli, uno di 24 anni che vive a Londra da sei anni ed è vice presidente Economic Student dell’università di Greenwich e l’altra di 27 anni laureata in Giurisprudenza Diritto Internazionale. Io invece non sono laureato, ho studiato Medicina e Chirurgia e mi sono fermato all’esame di Anatomia nell’87, 9mila pagine, terrificante, mi fermai ai nervi encefalici. Ma sono quasi certo che se non fossi stato un comico sarei stato un bravo chirurgo, mi piaceva tantissimo. Sono stato anche pallanuotista in serie A. Poi c’è stato un cambiamento di rotta nella mia vita. Ho iniziato a fare radio per gioco a 22 anni col mio amico Vincenzo Olivieri e da quel momento è cominciata la mia carriera artistica. Insomma tra l’essere un medico e uno sportivo, ho scelto di essere artista e quindi percorrere la strada peggiore!».

Nato e vissuto a Pescara, cosa ama e cosa odia (se si può dire) della sua città?

«Di Pescara mi piace il mare, la mia vita è sul mare, mio nonno aveva uno stabilimento balneare, adesso che ci penso poteva essere la terza strada questa. Della mia città adoro tutto, ho scelto di non andare via nonostante avrei potuto farlo, sono stato troppo mammone ed eccessivamente legato alla mia terra che però mi ha dato tanto. Ho avuto la fortuna, e credo che ce l’abbiano pochi, di essere profeta in patria. Io e Vincenzo abbiamo fatto della nostra regione la nostra fortuna, abbiamo fatto cultura e comicità e abbiamo ricevuto indietro tanto».

Cosa le piace fare nel tempo libero?

«Andare a pesca, mi piace trainare. Ho scoperto l’attività di pesca in barca nel 2009 e mi ha letteralmente fulminato, passo ore e ore in mare aperto ed è una sensazione bellissima. Il mare è uno dei motivi per cui non ho mai abbandonato Pescara. Spesso di ritorno dalle mie trasferte al Nord per lavoro, quando in autostrada, all’altezza di Ancona, riuscivo a vedere un po’ di mare, sentivo pompare dentro il respiro».

Quando ha iniziato a doppiare in chiave comica spot e film e come le è venuta questa folle, mi permetta il termine, idea?

«Era il 1980 quando io e Vincenzo, tanto per ridere, doppiammo il video “Thriller” di Michael Jakson. Dopo quell’esperienza scherzosa, iniziai da solo a doppiare pubblicità e nel 1993 il primo film, “Codice d’Onore”. Poi nel 2005 arrivò “Troy”, un lavoro che ha 13 anni e che mi porto ancora dietro, al pubblico piace molto. Nel 2005 fino al 2012 ogni anno ho doppiato un film completo».

Quale genere di film preferisce e perché?

«Quello che mi dà ispirazione, che mi dà qualcosa, deve scattare la famosa scintilla. Ad esempio l’ultimo film che sto doppiando, “Bastardi senza gloria”, l’avrò visto forse tre o quattro volte prima della famosa scintilla, non mi dava spunto per fare un doppiaggio poi di colpo è scattato qualcosa. Con “Troy” invece è stato diverso, sono appassionato dell’Iliade e lavorare su un film che si sposava così tanto con quello che avevo letto per me era un’esperienza avvincente, fantastica. Tant’è che l’ho ultimato in sei mesi e in genere il doppiaggio di un’intera pellicola richiede un anno di lavoro». 

Se oggi decidesse di andare al cinema che film sceglierebbe di guardare?

«Difficilmente vado al cinema ma mi piacciono i film di azione e mafia, ho provato ad appassionarmi ad altri generi, senza alcun successo. O il film è di azione o mi addormento, nel vero senso della parola. L’ultimo film che ho visto è stato “Mission Impossible” la scorsa settimana, mentre se dovessi scegliere un film da vedere stasera opterei per “Gotti”».

Il suo attore preferito?

«Tom Cruise, 57 anni, attore completo, non ha bisogno di stuntman, insomma un grande del cinema internazionale».

Cos’è per Marco Papa l’”abruzzesità”? L’essere abruzzesi?

«È tutto. Per anni ho preso in giro chi parlava abruzzese, l’accento marcato, le “sct” ma poi l’Abruzzo è stata la mia ragione di vita. Tutti i film sono doppiati in abruzzese e ne vado fiero. Adoro talmente tanto l’aspetto dialettale dei territori italiani che presto doppierò in un film con tutti i dialetti della Penisola, questo è uno dei sogni che coltivo da un po’ nel cassetto e che presto vedrà la luce, devo solo trovare il film giusto».

Altri progetti in cantiere?

«Tornerò, dopo quattro anni di assenza, in teatro. Il 29 novembre sarò al Massimo di Pescara con “Basctardi con la sct”. Le prevendite dei biglietti sono già iniziate e stanno andando benissimo, evidentemente il pubblico aspettava questo mio ritorno in teatro. Un consiglio per chi volesse comprare il biglietto è di farlo in fretta, perché stanno andando a ruba. Lo dico perché generalmente in occasione di tutti i miei spettacoli a Pescara, i posti si esauriscono velocemente e il mio pubblico, che io adoro, poi si lamenta direttamente con me per non aver trovato il biglietto. Ecco, questo è l’unico neo di essere profeta in patria».

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