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Giovedì, 25 Aprile 2024
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Dennis Stratton ad Hai Bin con le canzoni degli Iron Maiden: "Pescara è un Paradiso"

Il chitarrista torna in Abruzzo dopo il live tenuto con i Maiden Division a Chieti nel gennaio 2020, poche settimane prima dello scoppio della pandemia. Lo abbiamo intervistato

Non ha mancato di farsi un bel bagno nel mare da Bandiera Blu, arrivando poi a dire: «Pescara è un paradiso. Sono "geloso" che voi viviate qui». Il primo giorno "estivo" di Dennis Stratton nella nostra città, in attesa del concerto che l'ex chitarrista degli Iron Maiden terrà stasera ad Hai Bin con i Maiden Division, è trascorso in assoluta tranquillità, più da turista che da "lavoratore dello spettacolo". Stratton torna in Abruzzo dopo il live tenuto con gli stessi Maiden Division a Chieti nel gennaio 2020, poche settimane prima dello scoppio della pandemia. Lo abbiamo intervistato.

Con quale spirito torna a fare concerti dopo lo stop forzato dovuto all'emergenza Covid?

«Non riesco a spiegare tutta la mia emozione nel tornare a suonare. Stare così tanto tempo fermo è stato veramente brutto. Quando suonammo due anni fa in occasione del quarantennale di “Iron Maiden” fu bellissimo, ma poco dopo tutto si stoppò e la vita cambiò perché non si sapeva cosa sarebbe successo nel mondo. La musica live ha cominciato ad avere di nuovo una vita prima in Uk per poi passare al resto dell’Europa, fino ad arrivare al 2022, quando tutto ora sembra migliorare e si spera di suonare ovunque in tranquillità. Ricominciare a fare i concerti significa che dove si suona si deve stare in sicurezza. Questa mia ultima settimana è stata incredibile perché, dopo il brutto periodo passato, ho potuto rivedere tante persone care e tornare anche qui in Italia».

Come si trova con i Maiden Division, con cui sta proseguendo questa fruttuosa collaborazione?

«È strano perché li ho incontrati due anni e mezzo fa. In uno degli ultimi show che facemmo insieme, uno dei chitarristi si ammalò e non potè suonare a Roma, ma ovviamente non avremmo mai immaginato che da quel momento in poi il mondo sarebbe cambiato. In realtà sono stato con i Maiden Division pochi giorni perché poi tutto si fermò, ma ci siamo sempre sentiti via mail o al telefono. Per me questa del 2022 è una reunion, che significa ripartire da dove avevamo interrotto facendolo funzionare ancora meglio di prima. Insieme abbiamo fatto dei concerti alla grande due anni fa, ora possiamo solo fare di più. A Pescara vedrete uno show simile a quello che facemmo a Chieti, con un paio di canzoni diverse. Quando ci siamo incontrati di nuovo con i Maiden Division è stato come se non ci fossimo mai lasciati: quando si ha una famiglia o una fratellanza, questa dura nel tempo. Con loro durerà tanto e tanto tempo ancora!».

Il suo rapporto con l’Italia si è cementificato soprattutto nell’ultimo ventennio.

«Sì, è vero. Negli ultimi sedici anni sono venuto spesso in Italia. Ho lavorato con tante band dal nord al sud, tutti fantastici musicisti, e con loro siamo diventati come una famiglia. Con i Clairvoyants ho suonato per circa sette anni, per loro ero quasi uno zio. Sono molto legato al vostro paese».

Prima ha fatto riferimento all'album “Iron Maiden”, cui lei partecipò, che ha compiuto 40 anni nel 2020. Come vede, oggi, questo disco dopo così tanto tempo dalla sua uscita?

«Incidemmo il primo album senza sapere cosa sarebbe successo in seguito. Non ho mai chiesto realmente a Steve Harris (il bassista del gruppo, ndr) se gli piaccia la produzione di “Iron Maiden”: io penso che fosse fantastica. Spesso mi chiedono: “Se aveste l’occasione di reincidere il disco, come sarebbe?”. Non so rispondere, ma credo che non verrebbe meglio di quello originale, non avrebbe quei suoni, non sarebbe punky, non si respirerebbe quell’aria rock. Probabilmente suonerebbe meglio con le nuove tecnologie, ma penso che il suono diventerebbe forse più pulito perdendo l’anima di quei giorni ormai lontani dei nostri esordi, quelli dei “The Soundhouse Tapes”. Penso che la gente non amerebbe un’operazione del genere perché adora troppo il disco originale dell’epoca».  

All'epoca della pubblicazione di quell'album, vi sareste aspettati tutto il successo che poi avete avuto?

«No, nessuno di noi credo se lo aspettasse. Steve ha sempre avuto la “vision” di portare gli Iron Maiden al top, è sempre stato un ottimo musicista e sapeva sin dall’inizio dove voleva arrivare con la band. Ho registrato quel disco al meglio delle mie capacità. Non avrei mai creduto che sarebbe stato così importante nel tempo, diventando uno dei migliori album di debutto della musica. Forse non mi rendevo conto all’epoca di cosa stessi facendo e dove sarebbe arrivato il disco».

Alla vigilia della pandemia, lei doveva tornare in tour con i Lionheart. Era stato anche pubblicato un album, "The reality of miracles".

«Quando abbiamo riformato la band non sapevamo cosa sarebbe potuto accadere. Abbiamo scritto nuove canzoni. Steve Mann è un fantastico produttore e musicista, aveva e ha tantissimi progetti in giro per il mondo. Con i Lionheart abbiamo inciso quasi tutto il disco nei suoi studi in Germania. Il problema che avevamo in quel momento è che ogni membro del gruppo stava lavorando a diversi progetti, durante il lockdown abbiamo completato il disco fra le case e in Germania, così “The Reality of miracles” è finalmente uscito nel luglio 2020. Avremmo voluto fare di tutto, suonarlo tanto dal vivo, e invece abbiamo soltanto potuto promuoverlo online».

Ci sarà presto anche un seguito? 

«Nel 2021 abbiamo iniziato a lavorare ad un nuovo disco. Mi sono subito innamorato di questo nostro nuovo progetto. Abbiamo deciso di fare un concept sulla seconda guerra mondiale per commemorare i caduti. Pian piano abbiamo messo insieme una serie di canzoni. L’album è quasi finito. Diamo il tempo a Steve di concludere al meglio il suo lavoro. Non ho però idea di quando potrà uscire. Penso che le nuove canzoni siano fenomenali e che questo sarà il miglior album che io abbia mai inciso. Quando si mette in mano una produzione a Steve, lui sa come alzare il livello qualitativo, dunque aspettiamo che esca questo disco e magari ne parleremo meglio quando tornerò la prossima volta».

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