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Le conseguenze cardiologiche del Covid, il medico Staffilano: "Dopo due anni peggio delle più fosche previsioni"

Il cardiologo Giovanni Staffilano fa il quadro della situazione e fornisce consigli utili su come prevenire eventi avversi come le morti improvvise causate dalle miocarditi

Il cardiologo Giovanni Staffilano all'inizio della pandemia fu uno dei primi in Italia a lanciare l'allarme sulle possibili conseguenze cardiologiche dell'infezione da Covid-19.
A distanza di due anni, purtroppo, quel monito non solo si è rivelato fondato ma è andato molto oltre anche le peggiori conseguenze.

Staffilano, cardiologo in servizio nel distretto sanitario di Montesilvano della Asl di Pescara ma operativo anche nell'assessorato regionale alla Sanità e docente da sei anni nell'università di Bologna dove fa anche parte del consiglio scientifico dell'Alma Mater Studiorum.  

Nel marzo del 2020 è stato tra i primi medici a segnalare possibili conseguenze cardiologiche a cause del Covid-19. A distanza di due anni c'è stata una conferma a quei sospetti?

«Assolutamente sì, non solo c'è stata una conferma ma un dato superiore alle previsioni che avevamo ipotizzato riguardo all'incidenza di queste cardiopatie rispetto al dato prevedibile. Un'incidenza che va al di là del fatto che queste cardiopatie abbiano colpito sia coloro che sono stati contagiati dal Covid che i pazienti vaccinati».

Quali sono queste cardiopatie?

«Sono le pericarditi, le endocarditi, e soprattutto le miocarditi che rappresentano un evento molto pericoloso perché poi sono quelle che più facilmente possono evolvere in un infarto miocardico».

In sostanza non ci si accorge di avere la miocardite o qualche sintomo al quale fare attenzione c'è?

«I sintomi possono andare da eventi lievi come dolori toracici che spesso hanno molti di coloro che hanno avuto il Covid e che fanno risalire a un problema di tipo polmonare. E quindi sono dolori aspecifici, non quelli dell'infarto classico. Si può pensare che sia un dolore di tipo articolare perché anche quello può derivare dal Covid. E invece possono essere purtroppo dolori in relazione a una patologia cardiaca come la miocardite».

Dunque dopo 24 mesi se dovesse farci un quadro dell'impatto del Covid sul cuore che cosa può dirci?

«Il quadro è peggiore di quello che avevamo previsto addirittura. Tutta questa sequela di sintomi possono anche rientrare nella sindrome da fatica cronica che noi abbiamo studiato a Chieti dove c'era uno dei due centri nazionali. Questa sindrome di solito colpisce i soggetti che hanno un'infezione da tubercolosi precedente, o da citomegalovirus o da intossicazione da metalli pesanti o dai derivati degli idrocarburi. Invece in questo caso la stessa sindrome si sta evidenziando soprattutto nei soggetti guariti dalla variante Omicron 2: abbiamo tutto un corredo sintomatologico corrispondente alla sindrome da fatica cronica».

Quali sono i consigli che possiamo dare per prevenire?

«È chiaro che un'ulteriore attenzione all'aspetto cardiologico nei soggetti che hanno avuto il Covid, ma anche in coloro che hanno una sintomatologia aspecifica ci deve essere. Più attenzione vuol dire fare una visita cardiologica con l'elettrocardiogramma e l'ecocardiogramma in modo da supportare la visita cardiologica con un un quadro ecocardiografico. Fare questo potrebbe, in qualche modo, prevenire un evento avverso ovvero una morte improvvisa».

Dunque meglio togliersi il dubbio ed escludere conseguenze cardiologiche collegate al Covid?

«Sono controlli importanti e necessari ai fini della prevenzione, soprattutto se si dovesse avvertire dolori toracici ai quali abbiamo dato poca importanza prima della pandemia- Adesso è il caso di andare a fondo e chiarire se siano dolori articolari oppure se si debba approfondire. È meglio togliersi il dubbio perché sono forme che abbiamo visto che sono aumentate rispetto anche alle previsioni più fosche».

Per i prossimi mesi che cosa dobbiamo aspettarci?

«Prevediamo che queste situazioni non facciano altro che camminare nei prossimi mesi. È facile ipotizzare che possano verificarsi anche con le prossime varianti del virus perché il Covid dà esito a una vasculite ovvero un'infiammazione importante dei vasi, soprattutto quelli arteriosi che sono presenti in tutto l'organismo e anche nel cuore. Quindi il problema è grande ed è cardiovascolare».

Chi fa sport e attività fisica deve fare maggiore attenzione?

«Sia chi fa sport che chi fa semplicemente attività fisica non agonistica come i runner che corrono diversi chilometri deve fare attenzione. Svolgere attività fisica di una certa intensità e con continuità come il crossfit, il rowing e l'arrampicata libera, sono tutte attività nelle quali c'è un grande impegno cardiovascolare. E dunque a questi soggetti io darei l'indicazione, per un discorso di prevenzione e di salute, di fare un approfondimento cardiologico significativo e importante. Tutto il lavoro isometrico, ovvero lo sforzo senza movimento e anaerobico, è quello che espone a maggiori rischi».

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