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La lunga notte della marineria, ci si ferma anche sul Tirreno: nel pomeriggio l'incontro a Roma

Ieri sera gli armatori pescaresi insieme a quelli di Civitanova Marche sono andati a Giulianova e San Benedetto per convincere i colleghi a non uscire in mare e così è stato, Scordella: "l'iniziativa inizia a prendere piede", oggi appuntamento al ministero

E' stata una notte lunga quella della marineria pescarese i cui armatori ieri sera, insieme a quelli di Civitanova Marche, si sono recati nei porti di San Benedetto del Tronto e Giulianova per convincere chi voleva uscire in mare a non farlo e alla fine è andata proprio così. Si è ufficialmente fermata la pesca sulla costa adriatica, dalle Marche fino alla Puglia, per far sentire la sua voce al governo che fino ad ora risposte alle loro richieste, dopo la crisi aggravatasi repentinamente con il caro gasolio. Una crisi tanto forte da rendere “inutile”, sostengono da mesi i pescatori, uscire in mare dato che i costi sono ben più alti dei guadagni: oggi per un pieno ad un grosso peschereccio ci vogliono fino a 35mila euro.

A riferire del viaggio fatto ieri sera è il presidente dell'associazione armatori di Pescara Francesco Scordella. Due lunghe riunioni con le marinerie che avrebbero potuto dare meno forza a quella che non vuole essere più una semplice protesta, ma una vera e propria affermazione di disperazione per la categoria e le loro famiglie: alla fine la decisione di fermarsi l'hanno condivisa tutti. “L'iniziativa inizia a prendere piede”, afferma Scordella soddisfatto per il risultato ottenuto, ma non di certo per la situazione che si sta vivendo. 

Non finisce qui. “Inizio a ricevere messaggi anche dalla costa tirrenica: si fermeranno anche lì”, fa sapere. Una prima vera azione congiunta quella che si va configurando e che è scaturita dall'incontro tenutosi all'Aurum di Pescara il 7 maggio cui hanno aderito gran parte delle marinerie del medio e basso adriatico e della costa tirrenica, a cominciare da quella del porto di Civitavecchia. Quel giorno gli armatori hanno messo bianco nero su bianco un documento inviato a Roma per chiedere risposte immediate ai problemi che stanno piegando la categoria e, di conseguenza, anche tutta la filiera che sul pescato fa leva, ristorazione in primis. Risposte che avrebbero voluto avere in 15 giorni, ma che non sono fino ad oggi arrivare. Per questo da ieri si è di nuovo tutti attraccati in porto. 

Una prima concreta risposta potrebbe però arrivare già nelle prossime ore e il fermo forzato durare quindi meno di quanto immaginato. “Oggi pomeriggio – spiega infatti Scordella – con alcuni colleghi di altre marinerie dovremmo avere un incontro con il sottosegretario del ministero politiche agricole alimentari e forestali (mipaaf)”. La speranza è che finalmente qualcosa si muova e, seppur con difficoltà, si possa tornare a lavorare portando un po' di serenità sia negli armatori e le loro famiglie che negli imbarcati che rischiano il licenziamento dato che per loro, ha sempre sottolineato Scordella inserendola come richiesta, non è prevista nessuna forma di cassa integrazione. Tra i problemi più urgenti cui si chiedono risposte ricordiamo il caro gasolio per cui si chiede un costo massimo di 0,50 centesimi di euro a fronte dell'euro e trenta cui è arrivato, l'anticipazione dell'erogazione degli aiuti promessi durante la pandemia e del fermo biologico 2021 oltre a quello del credito di imposta, il blocco dei mutui per un anno sia per gli armatori che i marittimi e, appunto, la cassa integrazione per questi ultimi.

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