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Marineria, dopo la rabbia arriva la disperazione: qualcuno torna in mare, ma non durerà

Ne è certo il presidente dell'associazione armatori di Pescara Francesco Scordella, dal governo non è arrivata nessuna risposta, molti imbarcati restano a terra, chi decide di uscire lo fa accollandosi debiti e vendere è impensabile

C'è stata la speranza, poi la rabbia, ora arriva la disperazione. Dopo tre settimane fermi in porto, dopo il lungo viaggio nei porti di mezza Italia per protestare compatti, dopo la manifestazione a Roma e dopo il blocco di alcuni porti a cominciare da quello di Ancona, le voci dei pescatori si affievoliscono e il fronte inizia a mostrare le prime.  Dal governo risposte non ne sono arrivate: il gasolio resta a 1,27 euro, il fermo biologico 2021 non è stato liquidato anticipatamente, il blocco dei mutui forse si farà, ma quando non è dato saperlo e così stanotte, quando la città andrà a dormire, gli armatori pescaresi torneranno in banchina e mollearanno gli ormeggi. Lo faranno per due giorni, poi per altri due e poi non si sa. 

Disperato è anche il presidente dell'associazione armatori Francesco Scordella: "Siamo tutti demoralizzati, qualcuno vuole fare questo tentativo, altri non lo faranno. Sono certo che durerà poco: i costi sono troppi e ci si dovrà fermare ancora". Sostenere le spese resta impossibile e persino lui, oggi, è senza personale. Tanti quelli che lasciano o si mettono in malattia e chi cerca lavoro vuole stipendi impossibili da garantire e così anche i rischi oltre ai problemi per chi deciderà di uscire, non faranno altro che aumentare. 

Oggi alle 15 Scordella avrà una videoconferenza con il senatore Luciano D'Alfonso e tutti gli altri senatori e parlamentari abruzzesi e un filo di speranza perché qualche buona notizia arrivi, c'è, ma è la speranza di chi da sperare ormai ha ben poco. 

Difficile per chi ha girato in lungo e in largo il Paese riuscendo a mettere insieme dopo tanto tempo la categoria, spiegare quella disperazione che pian piano lo sta sgretolando. Le responsabiltà per Scordella sono nelle politiche europee che i governi italiani hanno accettato passivamente portando oggi al rischio concreto che le marinerie scompaiano e con loro l'identità di tante città a cominciare da Pescara. A lui chiediamo se qualcuno, tra gli armatori, sta iniziando a pensare di vendere e la risposta è perentoria: "E chi compra?". 

Andare in mare oggi vuol dire indebitarsi per fare il pieno di gasolio ammesso che questo, come aveva denunciato già quando ci fuorono le prime proteste, continui ad arrivare. Oggi c'è la disperazione di chi, pur di portare a casa qualcosa, decide di tornare ad affrontare il mare, con meno uomini a bordo e senza più la voce per gridare il proprio diritto di lavorare. "Siamo stati abbandonati", conclude Scordella. Difficile mantenere unito il fronte quando in gioco c'è il sostenere la propria famiglia. Cosa può arrivare dopo la disperazione è difficile dirlo, forse il prosciugamento delle secche o forse uno tsunami, certo è che oggi in porto è il giorno del silenzio: di voglia di parlare ce n'è davvero poca. 

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