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Bonificare il fiume Pescara per evitare catastrofi: il Comune chiede 300mila euro alla Regione

Finiti i lavori nel tratto che va dal ponte di ferro a San Giovanni Teatino grazie ai 100 mila euro stanziati dall'ente, ma l'appello del presidente Petrelli è perché si prevedano nuove risorse e si metta a terra un progetto condiviso che bonifichi fino alla foce

Conclusa la bonifica del fiume Pescara nel tratto che va dal ponte di ferro a San Giovanni Teatino e si lavora per completare il lavoro nel tratto che va dallo stesso ponte al porto canale con la previsione della rimozione del canneto che costituisce un evidente ostacolo al deflusso delle acque. Interventi pensati per cercare di arginare possibili danni in caso di eventi naturali dirompenti e potenzialmente catastrofiche. A fare il punto è il presidente della commissione ambiente Ivo Petrelli che fa sapere di un sopralluogo cui prenderanno parti le associazioni ambientaliste, l'ufficio igiene della Asl, l'autorità del sistema portuali, i titolari del Circolo canottieri e l'assessore Nicoletta Di Nisio, al fine di valutare e organizzare “in tempi rapidissimi” i lavori di bonifica da fare. Nel frattempo, ribadisce al termine della commissione cui hanno partecipato la Di Nisio e l'architetto Ester Zazzero, i 7,6 chilometri che dal ponte di ferro a San Giovanni Teatino: sono stati rimossi i tronchi e il materiale ligneo depositatosi sui fondali grazie al finanziamento da 100mila euro erogato dalla Regione. Il primo intervento in sessant'anni, sottolinea il presidente, e che ha permesso di rimuovere “attraverso l’intervento di Ambiente spa, ben 500 tonnellate di tronchi d’albero e legname vario, restituendo ossigeno e una via di fuga verso il mare alle acque del fiume”.

“L’obiettivo – dichiara - è quello di affrontare la stagione invernale con i suoi mutamenti meteorologici nella maniera più serena possibile”. Un riferimento chiaro a quanto avvenuto nelle Marche che inevitabilmente ha aperto “una riflessione e un approfondimento – aggiunge Petrelli -: se è vero che non possiamo impedire pioggia, nubifragi e bombe d’acqua, è altrettanto vero che abbiamo il dovere di mettere in atto tutte le misure possibili per mitigare i possibili effetti di tali eventi meteo-climatici improvvisi e violenti. Nelle Marche a causare l’esondazione dei fiumi, come riferito dalle stesse istituzioni locali, sono state anche le condizioni di manutenzione dei fiumi e corsi d’acqua, le stesse che nel dicembre 2012 hanno in qualche modo aggravato l’esondazione del Pescara, con un fiume Pescara ostruito da tronchi di albero e materiale di risulta vario trascinato negli anni a valle e rimasto depositato nei fondali mai puliti”. Situazione riscontrata poi, spiega, dai sommozzatori che sono riusciti ad arrivare lì dove i droni non possono.

Di qui la richiesta del Comune alla Regione per un capitolo di bilancio di almeno 300mila euro da stanziare in tre anni per consentire gli ulteriori interventi di manutenzione nel tratto che va dal ponte di ferro alla foce del fiume la cui competenza, ricorda Petrelli, fa capo all'Autorità del sistema portuali. “A creare grosse criticità in quel tratto è il canneto che cresce in modo spontaneo e selvaggio nell’area antistante il Circolo Canottieri e che di fatto rappresenta una barriera naturale delle acque, oltre che una diga contro cui si spiaggiano quantità enormi di tronchi d’albero, con i relativi rischi. Nell’area l’Autorità, che si è occupata anche della rimozione delle alghe dai fondali del porto canale, ha già tentato un intervento di pulizia, che però – incalza - si è arenato sotto i colpi degli esposti e delle denunce presentati dalle associazioni ambientaliste, tra cui Wwf e Italia Nostra, secondo cui l’azione delle ruspe stava danneggiando in modo irreparabile l’area naturalistica popolata dalle rane, fra l’altro nel periodo della riproduzione. Tuttavia è evidente che la problematica è reale e va affrontata: a questo punto la commissione ambiente chiederà la convocazione urgente di un sopralluogo congiunto da effettuare a ridosso del canneto per predisporre un progetto congiunto di bonifica che consenta la messa in sicurezza dell’area, con la rimozione della ‘diga naturale’ costituita dagli arbusti cresciuti sul lungofiume, ma comunque rispettando l’ambiente e non danneggiando la sua flora e fauna”.

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