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Venerdì, 29 Marzo 2024
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La città sotto le bombe: la storia di una giovane coppia di sposi di Pescara

La commovente vicenda dei nonni di Ornella Rosica, imprenditrice pescarese, che nel giorno della tragica ricorrenza riscopre un documento che racconta un pezzo di storia. Ve la raccontiamo in questo articolo esclusivo

Gli orrori della seconda guerra mondiale hanno lasciato il segno a Pescara e provincia, rase al suolo da continui e ripetuti bombardamenti. Per avere l'esatta percezione di cosa accadde in quei giorni, Ornella Rosica, imprenditrice pescarese, ci ha inviato una lettera scritta da suo nonno Emilio, funzionario di banca rimasto vedovo della giovane moglie Ornella, che era morta sotto le bombe a soli 23 anni.

Il corpo venne conservato in una fossa scavata a mani nude dal fratello e la salma fu vegliata da due suore fino alla decorosa sepoltura che avvenne diversi mesi dopo. Ecco cosa si legge nella missiva, che racconta un pezzo di storia della nostra città:

"Dopo il terzo bombardamento di Pescara, nell'ultima decade del settembre 1943 raggiunsi mia moglie ed i miei bambini a Penne, dove erano rifugiati da alcuni giorni in una camera mobiliata. Per il prezzo enorme che richiedevano i mezzi di trasporto, già quasi introvabili, e non sapendo neanche come e dove portare le suppellettili e la biancheria, giammai immaginando la sorte che avrebbe dovuta subire Pescara, lasciammo frettolosamente tutta la casa piena e tutta in ordine, portando con noi i soli effetti di uso, con la certezza che, fra giorni, saremmo tornati. Successivamente, appena la filiale di Pescara cominciò a funzionare, verso i primi di ottobre, presi servizio a Cepagatti finché delle febbri malariche mi inchiodarono a letto, subito dopo aver lasciato Penne, ed essermi trasferito in campagna a Loreto. Si rese necessario in seguito il mio ricovero in ospedale di Loreto nel quale, a causa del bombardamento del 13 gennaio di quest'anno, trovò la morte mia moglie, la quale per i continui attacchi (bombardamenti) e le agitazioni aveva bisogno di riposo, e che qualche giorno prima del Natale mi aveva raggiunto. In questa occasione, nella quale mi salvai per caso, andò perduta parte dei miei effetti d'uso, tutto il vestiario e tutta la biancheria di mia moglie, perché crollò la camera dove essa era ricoverata. Della sua roba (....) trovai solo la sua salma senza abiti e senza scarpe addosso. Sorvolando sui mesi che intercorsero dalla disgrazia al mio ritorno a Pescara, perché furono mesi passati tra la fame e i bombardamenti, un altro triste spettacolo mi attendeva al mio ritorno a Pescara. La casa devastata e saccheggiata, i mobili sventrati e spaccati, il buffet e la cristalliera che erano pieni zeppi di servizi e di regali (ero sposo da poco...). Scomparsa una cassa dove avevamo pigiato tutto il corredo della mia povera moglie, scomparsa la macchina da cucire, la cucina economica, le reti, i materassi, le coperte, le posate, la carrozzina e il lettino del bambino, una poltrona di pelle, le tende, fatti a pezzi i bicchieri, le lampade, gli specchi... Attualmente ho un materasso di crine prestatomi da una sorella, una rete prestatami da un vicino, qualche coperta, cinque o sei piatti, qualche posata, due o tre tazze rimediate in qua e in là...".

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