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Attualità Pineta Dannunziana

Fai e le associazioni ambientaliste sulla Pineta Dannunziana: "Patrimonio immenso, serve un restauro naturalistico"

A lanciare l'appello per un intervento immediato di riqualificazione sono Fai Pescara, Co.n.al.pa. Abruzzo, Pro Natura Abruzzo e Aiapp

Le associazioni ambientaliste  Fai Pescara, Co.n.al.pa. Abruzzo, Pro Natura Abruzzo e Aiapp intervengono nel dibattito e nelle polemiche riguardanti la Pineta Dannunziana e la riqualificazione dopo l'incendio scoppiato il primo agosto scorso. Le associazioni parlano di un patrimonio storico e botanico immenso, che deve essere oggetto di restauro naturalistico, considerando che nei vari comparti sono presenti varie tipologie di vegetazioni, arbusti e alberi indigeni importanti come il pino D'Aleppo:

"I pini sono presenti anche in un bosco misto a dominanza di Olmo campestre (Ulmus minor) e Alloro (Laurus nobilis). Tale bosco riveste un’importanza fitogeografica notevole, tipologia inedita e presente, in modo poco diffuso, nella fascia collinare-subcostiera. Il lauro-olmeto della Pineta Dannunziana presenta anche numerose specie della macchia mediterranea quali Mirto, Rosa sempreverde, Smilace, Robbia selvatica, Asparago pungente, Alaterno."

Sulla questione dell'origine artificiale della pineta, le associazioni ribadiscono che vi sono numerosi documenti fra il XVI e XIX secolo, come mappe e carte nautiche, che parlano della Silva Lentisci nell'area compresa tra Montesilvano, Pescara e Francavilla:

"Inoltre già nel 1546 si parla di selve litoranee a nord e a sud di Pescara in mano ai Marchesi d'Avalos. Occorre ricordare che proprio in epoca d'Avalos, le selve costiere, ricche di Pino d'Aleppo, Lentisco, Mirto e Liquirizia crearono un redditizio commercio di resina, prodotti agricoli, pascolo e legname. Nel 1574 una ulteriore prova della esistenza di selve costiere è anche la descrizione che viene fatta da padre Serafino Razzi, che parla di "pini salvatichi" e di "mortella" "che facevano quasi festoni alla riva del mare".

Sulla mancata attuazione del Pan, le associazioni parlano di gravissime responsabilità per l'incendio e il piano non reso operativo, parlando di notizie false sul fatto che il Pan possa bloccare la gestione dell'area protetta:

"Nell'articolo 7 delle norme attuative del Pan vengono spiegati tutti gli interventi che devono essere eseguiti in Zona A ovvero ad alta integrità naturale da conservare. Per prima cosa sono consentiti "salvaguardia manutenzione e riqualificazione naturalistica degli ecosistemi e di loro singole componenti biotiche e abiotiche"; poi è consentita l'eliminazione di specie esotiche, ed in particolare di quelle spontaneizzate, capaci cioè di diffondersi nel territorio con i propri mezzi, per via gamica o vegetativa". Infine è previsto "il potenziamento dei modelli naturali nativi, con specie ed ecotipi idonei a creare condizioni per l'affermazione, nel tempo, dei corteggi floristici tipici delle varie fitocenosi"

Il declassamento, concludono, sarebbe inaccettabile e dannosi per la riserva naturale, e il disastro avvenuto è responsabilità della cattiva gestione delle aree verdi.

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