rotate-mobile
Attualità

‘L’agnello: biodiversità, qualità e tradizioni gastronomiche dell’Abruzzo pastorale’: se ne parla all'alberghiero

Marcelli, presidente del Consorzio Agnello del Centro Italia: “Oggi in Abruzzo si contano appena 157mila capi di agnello, ovvero si sta perdendo la nostra identità con il conseguente rischio di desertificazione delle aree montane”

Molti spunti interessanti sono emersi ieri, all'istituto alberghiero De Cecco, durante il convegno ‘L’agnello: biodiversità, qualità e tradizioni gastronomiche dell’Abruzzo Pastorale’. Per l’assessore regionale Emanuele Imprudente “l’attività pastorale e l’agnello Igp sono risorse che vanno valorizzate a tutela del nostro made in Abruzzo che non può essere sacrificato sull’altare del nutri-score. La Regione Abruzzo ci crede e a tal fine abbiamo stanziato oltre 12milioni di euro pubblicando il bando per finanziare i primi insediamenti in agricoltura, ovvero le start up di nuova generazione che segneranno il ritorno alla natura e all’ambiente in modo innovativo, ma comunque nel rispetto della tradizione”.

E Nunzio Marcelli, presidente del Consorzio Agnello del Centro Italia, ha aggiunto: “La pastorizia affonda le sue radici lontano nella nostra tradizione, generando il fenomeno della transumanza. Oggi però in Abruzzo si contano appena 157mila capi di agnello, ovvero si sta perdendo la nostra identità con il conseguente rischio di desertificazione delle aree montane”.

È d'accordo con queste affermazioni Giampaolo Tardella, direttore del Consorzio: “L’agnello italico Igp è un prodotto che storicamente, sotto il profilo culturale, ha spadroneggiato dai romani sino agli anni ’60. La pecora ha sempre fatto parte della nostra economia, e oggi invece assistiamo a una situazione capovolta, a un consumo medio procapite di circa un chilo di carne, abbiamo ridotto gli allevamenti, c’è un abbandono del settore, con appena qualche migliaio di capi”.

Poi Tardella ha concluso: "La nostra è una corsa alla tutela della storia del prodotto italiano, consapevoli che oggi noi importiamo il 50% del nostro consumo con una concorrenza sleale perché è evidente che per i locali i costi di produzione sono più alti. Tuttavia comunque intravediamo delle speranze, torniamo a vedere giovani e donne che entrano per istituire nuovi allevamenti, ci sono pascoli disponibili e abbiamo le potenzialità per migliorare i numeri. Per novembre e dicembre in Abruzzo abbiamo a disposizione circa 14-15 tonnellate di prodotto abruzzese Igp, numeri che possiamo raddoppiare se il consumatore tornasse a pretendere di mangiare prodotto locale a chilometro zero".

In Evidenza

Potrebbe interessarti

‘L’agnello: biodiversità, qualità e tradizioni gastronomiche dell’Abruzzo pastorale’: se ne parla all'alberghiero

IlPescara è in caricamento