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VIDEO | Pediatria in prima linea nello screening neonatale: anche l'atrofia muscolare spinale tra le malattie rare diagnosticabili

Abbiamo incontrato il direttore della Uoc di Pescara Maurizio Aricò che insieme allo stesso reparto di Chieti e con il fondamentale supporto del laboratorio di microbiologia dell'università di Chieti partecipa al progetto di ampliamento dello screening che mette l'Abruzzo all'avanguardia nell'individuazione di malattie fino a qualche anno fa considerate incurabili e che oggi possono essere addirittura prevenute

“Lo screening neonatale è una conquista di civiltà”. Così lo definisce il direttore della Uoc di pediatria dell'ospedale di Pescara Maurizio Aricò e l'Abruzzo si rende protagonista nel panorama nazionale ampliando con sei nuove malattie individuabili questo importantissimo strumento. Grazie allo screening, infatti, è possibile individuare una malattia rara potenzialmente grave, gravissime o letale, spiega lo stesso Aricò, anche prima che la stessa si manifesti dando ai bambini una vita normale e laddove non curabile, facendo sì che si possa da subito far seguire loro un percorso terapeutico che la renda più normale possibile.

Non è fantascienza: è ricerca. O meglio il frutto della ricerca. Quella ricerca protagonista proprio in questi giorni con Telethon e che ha permesso di far diventare malattie orribili in malattie gestibili se non addirittura guaribili ancor prima che un solo sintomo si manifesti.

Di sanità parliamo spesso e nella gran parte dei casi per denunciare malfunzionamenti o situazioni di disagio. Ma la sanità non è solo questo: è soprattutto assistenza e raccontare la qualità del servizio sanitario quando si ha la fortuna di averla davanti, è altrettanto dovuto.

Per questo abbiamo voluto che a parlarci delle malattie rare neonatali e del ruolo che in questo progetto di ampliamento dello screening ha la pediatria di Pescara, fosse proprio Aricò. Lo screening delle nuove malattie diagnosticabili è una scelta, ma farlo potrebbe significare salvare il proprio bambino e vederlo crescere sano, come ogni suo coetaneo. Importante quindi sottolineare che la procedura non è affatto invasiva ed è la stessa dello screening neonatale che viene fatto oggi per individuare 40 malattie rare, le più gravi va precisato, a fronte delle migliaia esistenti: quelle cioè che hanno bisogno di un percorso di cura per poter essere sconfitte o gestite. Basta una sola goccia di sangue prelevata dal tallone del neonato infatti per avere un quadro completo. Sangue che viene prelevato e depositato su un cartoncino che finisce dritto nei laboratori generali per fare un primo test. Nel nostro caso ad occuparsene è il laboratorio di genetica medica del Cast (Centro studi e tecnologie avanzate) di Chieti diretto dal professor Liborio Stuppia. Alle 40 malattie già comprese nello screening in Abruzzo se ne sono aggiunte altre sei, alcune delle quali che in passato non era neanche immaginabile curare e che si traducevano in una vita difficile e breve.

“Il nostro desiderio – spiega Aricò – è quello di fare la diagnosi prima che il bambino si ammali e sia troppo tardi utilizzando le armi che abbiamo”. E quelle armi iniziano proprio da quello screening che in Abruzzo si è ampliato ad alcune patologie già il 6 giugno con altre tre patologie individuabili dal 12 dicembre.

Al direttore della Uoc di pediatria di Pescara chiediamo perché è importante farlo e come ci si interfaccia con i genitori perché accettino di sottoporre il loro bambino ad uno screening la cui risposta potrebbe cambiare per sempre le loro vite. “Le famiglie vengono informate, non c'è obbligatorietà – spiega -. Lo si attraverso i punti nascita che si stanno comportando modo esemplare. Parlano con i genitori spiegando loro le motivazioni per cui farlo. Quando accettano sui cartoncini viene messo semplicemente un timbro che dice, appunto, che la famiglia ha accettato di estendere lo screening alle malattie rare aggiuntive. Si tratta di un consenso informato che non ha alcun costo per le famiglie né per i piccoli: tutto è a carico del sistema sanitario”. Questo progetto, prosegue “è importante perché con questi passaggi altre malattie entrano nell'osservatorio dello screening neonatale. Facciamo un esempio molto esemplificativo, quello dell'amiotrofia spinale, la famosa Sma. E' una malattia terribile che la nostra generazione ha conosciuto come inguaribile. I bambini morivano per insufficienza respiratoria. Oggi il mondo è cambiato perché la ricerca ha identificato il gene della malattia e sono state sviluppata prima terapie capaci di combatterla e rallentarla, ora di guarirla in maniera definitiva prima addirittura prima che si sviluppi. E' importantissimo fare la diagnosi prima che il bambino l'abbia sviluppata o sarebbe difficile tornare indietro. Proprio la Sma – ribadisce – è una delle ter malattie che da dicembre verrà cercata in tutti i neonati abruzzesi”.

“Da questo punto di vista non solo l'Abruzzo espleta tutti i doveri di legge con le prime 40 malattie identificabili con lo screening, ma con gli ampliamenti di giungo e dicembre si porta in prima linea anticipando quello che probabilmente un gruppo di lavoro indetto dal ministero disporrà come estensione dell'obbligo. L'Abruzzo è andato in anteprima oltre l'obbligo e ha già introdotto per i suoi neonati la ricerca di queste malattie”

Se delle analisi si occupano i laboratori regionali e in questo caso quello di Chieti, chiediamo allora qual è il ruolo della pediatria di Pescara e quello della pediatria di Chieti anch'essa coinvolta nel progetto.

“I risultati dello screening – spiega – vengono comunicati a noi clinici. E' quindi il punto nascita che deve ricontattare i genitori per procedere ad un test di conferma che viene svolto con grandissima velocità: è una corsia preferenziale sempre aperta. Il test di verifica consegna ai clinici una diagnosi su una malattia di cui spesso non c'è alcun segno. A quel punto il clinico, in questo caso il pediatra, deve accettare la sfida di curare un bambino che si ammalerà, ma che come nella Sma non ha sviluppato ancora la malattia e dovrà lavorare l meglio utilizzando questo anticipo che lo screening gli ha regalato per organizzare le valutazioni, i controlli necessari e per approntare la terapia”.

Un ruolo importante e delicato perché tutto il reparto è chiamato in qualche modo ad essere partecipe di un percorso complesso, ma importante tra bambini che meritano di vivere come bambini e genitori che hanno bisogno di essere rassicurati. Una prova di conoscenza, professionalità, ma anche di grande umanità.

Tutto questo grazie, ribadisce Aricò, “al sistema sanitario universale ovvero alla rete della sanitaria di sanità pubblica: quella che paghiamo con nostre tasse e che garantisce una cura che sarebbe insostenibile altrimenti per qualunque famiglia”.

L'occasione anche per parlare del ruolo della ricerca. “Siamo nella porzione dell'anno che accompagna la raccolta di fondi Telethon: ricordiamoci che la ricerca è il motore per la buona assistenza clinica ed è bella che permette di sviluppare vaccini e terapie innovative portando avanti l'assistenza non solo salvando la vita di bambini ed adulti, ma anche migliorando enormemente la qualità della loro vita”.

“L'obiettivo per noi pediatri è quello di avere cura di tutti e di cercare il maggior numero possibile di bambini, di alleviare i disturbi di quelli che sappiamo inizialmente di non poter guarire. Lo screening – conclude – è uno strumento formidabile che permette ai pediatri di prevenire ed evitare che questi bambini diventino malati o addirittura limitati o invalidi o ancora con difetti di sviluppo. Nella maggior parte dei casi oggi possiamo offrire loro una vita normale”.

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