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Venerdì, 26 Aprile 2024
Calcio

Finale Lega Pro: Cosenza e i vecchi rancori con il Delfino per uno stendardo

La finale play off di Serie C si giocherà stasera a Pescara. La sfida promozione fra Siena e Cosenza sembra non interessare né coinvolgere più di tanto il pubblico di fede biancazzurra. Non tutti però la vivranno sotto tono

La finale play off di Serie C si giocherà stasera a Pescara. La sfida promozione fra Siena e Cosenza sembra non interessare né coinvolgere più di tanto il pubblico di fede biancazzurra che seguirà l'evento con un certo distacco, un pò come coi Mondiali in Russia. Non tutti però la vivranno sotto tono a causa della forte rivalità fra la tifoseria adriatica e quella silana maturata soprattutto nel corso di due episodi.

Tutta colpa degli stendardi e striscioni

Il primo è datato 5 giugno 1994, nell'ultima giornata del campionato di serie B, col Pescara di Rumignani obbligato a vincere al San Vito. I biancazzurri riescono nell'impresa, grazie ai gol di Carnevale e Compagno, salvandosi tramite classifica avulsa davanti a circa 2.000 tifosi pescaresi, giunti a Cosenza anche con un treno speciale. A fine partita ci furono duri scontri fra le tifoserie che costarono due striscioni ai sostenitori calabresi, uno distrutto sul posto, l'altro finito come "trofeo" in Sicilia e consegnato ai gemellati messinesi. Eppure negli anni precedenti i rapporti erano stati cordiali, grazie soprattutto alla gioiosa politica del “pane e mortadella” di Padre Fedele il simpatico capuccino che guidava la curva cosentina, e allo spareggio salvezza per conservare la B, che nel 1991, sempre a Pescara, vide il Cosenza prevalere ai supplementari sulla Salernitana grazie al gol del bomber Marulla. Quel giorno i tifosi rossoblu furono sistemati in Curva Nord e molti pescaresi simpatizzarono per loro contro i rivali granata.

Il secondo episodio avvenne il 14 dicembre 1996. Il match fra le due compagini terminò 1-1 con i gol di Giampaolo e di Alessio. Erano gli anni delle forti contestazioni al Presidente Scibilia. Quel pomeriggio i circa cinquanta tifosi pescaresi dei vari gruppi della Curva Nord, dopo aver sistemato i propri stendardi sulla balaustra, furono allontanati e relegati dalle Forze dell'Ordine nella parte alta del settore gradinata. Fu l'occasione ghiotta per gli ultrà calabresi che, sfruttando la complicità degli stewards, raggiunsero l'interno del settore di gradinata tramite una porticina d'accesso che conduceva ai magazzini dello stadio. Riuscirono quindi facilmente a strappare dalla recinzione uno degli stendardi biancazzurri appartenente al Gruppo CHEROKEE, per poi fuggire a gambe levate, evitando lo scontro fisico e rendendo vana l'arrembante rincorsa degli ultras pescaresi. Era un affronto che non poteva passare impunito e che spinse i pescaresi, a distanza di soli sette giorni, ad attuare una rappresaglia in quel di Venezia dove, in occasione della partita di campionato, lagunari e cosentini si unirono insieme sugli spalti per rinnovare uno storico gemellaggio. Un ultrà pescarese, mimetizzato tra gli ospiti con al collo una sciarpa rossoblu, invase il campo durante l'intervallo, riprendendosi il maltolto che era stato esposto dai cosentini davanti agli amici veneziani.

Un duello finito in Tribunale

Lo stendardo tornò dunque al legittimo proprietario, ma solo per qualche ora perchè, paradossalmente, il nostro eroe venne denunciato per furto e il corpo del reato riconsegnato dalle Forze dell'Ordine in custodia giudiziale nelle mani sbagliate. Infatti gli ultras pescaresi non segnalarono il furto subito a Cosenza. ma erano determinati a riconquistare il proprio simbolo alla maniera ultras, senza l'aiuto di nessuno. Soltanto dopo una lunga indagine è emersa la verità, nonostante che i tifosi silani avessero sostenuto che quel pezzo di stoffa dai colori biancoazzurri e con la sigla CK (abbreviazione di Cherokee) appartenesse al fantomatico gruppo "Cosenza Kapovolta". Per anni sono seguiti gesti provocatori, come l'esposizione nella curva del Cosenza di copie farlocche dello stendardo, mai più restituito nonostante l'ordine del Tribunale.

Poi i destini delle due squadre si sono divisi militando in serie differenti. Ciò ha contribuito a far cadere nell'oblio i fatti sin qui descritti, divorati dal tempo e dal cambio generazionale. Ma la finale rischia di riaccendere pericolosamente gli animi mai realmente sopiti, con i calabresi che sui social già minacciano di introdurre all'Adriatico il vecchio striscione rubato e i pescaresi che proveranno nuovamente a riconquistarlo. Ci auguriamo che la ragione prevalga sull'ardore delle tifoserie e che le Forze dell'Ordine rafforzino ulteriormente il filtro ai cancelli impedendo l'introduzione di qualsiasi cosa che possa riaccendere questa antica faida, e ponendo le basi per una vittoria dello sport, qualunque sia il risultato maturato sul campo.STENDO2-2

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