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Il sindaco Masci torna sugli arresti in Comune: "Si tratta di dipendenti infedeli, non certamente di un sistema corrotto"

Il primo cittadino di Pescara ritiene anche «singolare e patetico» l'atteggiamento dell'opposizione sulla vicenda

Il sindaco di Pescara, Carlo Masci, interviene nuovamente in merito all'inchiesta della guardia di finanza e della Procura, "Tana delle tigri", che ha portato all'arresto di 4 persone e che vede in totale 17 indagati.
Tra gli arrestati, come noto, anche Fabrizio Trisi, dirigente del settore Lavori Pubblici scelto proprio da Masci.

Trisi aveva anche ricevuto un incarico all'epoca in cui sindaco era Luigi Albore Mascia.

«Come sindaco di Pescara e primo cittadino di tutti i pescaresi, pur non volendo alimentare polemiche strumentali, disinformate e fuorvianti, ritengo di dover necessariamente puntualizzare, per amor di chiarezza, alcuni aspetti della vicenda che ha investito il Comune», scrive in una nota il sindaco Masci, «è di tutta evidenza che gli arresti per una vicenda sulla quale farà piena luce la magistratura e di cui sarà scritta la verità processuale, porta in primo piano riflessi politici che non possono prescindere da un fatto che va sottolineato con forza: è stato tradito il vincolo di fiducia, sono stati traditi gli impegni contrattuali ed è stata tradita la deontologia professionale. Allo sconcerto iniziale è subentrata la rabbia, perché tutto questo è intollerabile. Il Comune è stato danneggiato da questa vicenda, a tutti i livelli, ma ha dimostrato di avere un’articolazione e una struttura politico-amministrativa sana. Quanto alle conseguenze, è scontata la costituzione di parte civile non appena sarà concessa dalla Legge. Va ribadito che stiamo parlando di dipendenti infedeli, non certamente di un sistema corrotto e neppure di contaminazione corruttiva come qualcuno vorrebbe far credere. Nessun politico è tirato in causa e i dipendenti coinvolti sono una minoranza irrisoria rispetto all’intero corpo comunale con cui mi confronto ogni giorno e di cui apprezzo lavoro e impegno. Trovo singolare e anche patetico che l’opposizione, a corto di argomenti e in perenne affanno per questo, si levi col ditino alzato a fare la morale come se in casa propria non avesse avuto uno scandalo che ha riguardato amministratori e politici, e la cui scia giudiziaria ha consentito a qualcuno di sedere sui banchi del consiglio comunale; e di dimenticare anche le regole deontologiche e di buona politica facendo irruzione in conferenza stampa con una sceneggiata indegna di un luogo istituzionale. Infine, all’onorevole Luciano D’Alfonso, sindaco emerito di Pescara la cui storia passata e recente parla per sé, che ha usato un linguaggio greve e spregiudicato, ricordiamo che la grande Pescara non è e sarà quella da lui paventata di “grande cocaina”: al contrario, ci sentiamo di rassicurarlo che non è e non sarà né quella del “grande affare” né tanto meno quella del “grande malaffare”. Pescara non è una città in saldo e i suoi amministratori non sono in vendita: se ne faccia una ragione».

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