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Lunedì, 29 Aprile 2024
Economia

Filiera della pizza, la pandemia segna il crollo delle attività in Abruzzo: in due anni se ne sono perse 1.400

E' quanto emerge da uno studio della Cna agroalimentare nazionale che incorona la regione tra le peggiori anche per l'asporto dove le saracinesche abbassate sono state 114: il boom è al nord

L'Abruzzo è la terza regione in classifica tra quelle dove, a causa della pandemia, ad andare in crisi è andata persino l'amatissima pizza. Il calo delle attività legate alla sua filiera (panetterie, gastronomie pizzerie, rosticcerie pizzerie, pizzerie da asporto, bar pizzerie, ristoranti pizzeria) è stato tra il 2019 e il 2021 del 28,4 per cento con 3.545 attività rimaste in campo e una diminuzione in termini assoluti di 1.404 esercizi. Ed è anche tra le regioni dove quelle da asporto, invece di aumentare, sono drasticamente diminuite. E' quanto emerge da un'indagine della Cna agroalimentare nazionale realizzata in occasione del pizza Village in corso a Napoli. Proprio la Campania guida questa drammatica classifica che si traduce in una notevole perdita di posti di lavoro: proprio la patria della pizza ha visto una flessione delle attività del 41,1 per cento, seguita dal Lazio a meno 34,8 per cento. Poi c'è l'Abruzzo. Segue la Sicilia con il 14,8 per cento in meno di attività e l'Umbria (a meno 13 per cento). A livello nazionale le attività sono scese del 4,2 per cento, cioè di 5.366 unità per cui oggi se ne contano 121.529.

Situazione totalmente opposta al nord dove la crescita è sbalorditiva. Su tutti c'è la Lombardia che incrementa complessivamente il numero delle attività legate al mondo della pizza di 3.489 unità (più 24,6 per cento), toccando quota 17.660 attività e scalzando così proprio la Campania dal gradino più alto del podio. Quanto alla densità per abitante, a capeggiare la graduatoria delle regioni è la Basilicata (un’attività ogni 206,3 residenti), seguita da Calabria (un’attività ogni 249,2 residenti), Sardegna (un’attività ogni 252,2 residenti) e Molise (un’attività ogni 263,9 residenti). Quindi, nell’ordine, ci sono Abruzzo (un’attività ogni 359,3 abitanti), Valle d’Aosta, Marche, Toscana, Puglia, Sicilia, Liguria, Umbria, Emilia Romagna, Trentino-Alto Adige, Campania, Lombardia, Piemonte, Veneto e Lazio, con il Friuli Venezia Giulia nella posizione di fanalino di coda.

“La pizza nemmeno è uscita dalla pandemia come ci era entrata. Si è 'nazionalizzata', questo è certo, ma non è l’unico cambiamento. Ad essere mutato in realtà è stato un po’ tutto il mondo delle attività legate alla pizza si legge nello studio -. L’influenza pandemica si rintraccia nell’incremento notevole registrato tra le pizzerie da asporto, favorite dalle restrizioni sanitarie e dal lavoro da remoto, che costringevano in casa. Tra il 2019 e il 2021 le pizzerie da asporto sono salite del 38 per cento vale a dire di 5.367 unità arrivando a 19.669 attività complessive, mentre l’Abruzzo ha fatto il passo del gambero: nel 2019 erano 562, nel 2021 se ne contano 114 in meno, ovvero 448. In termini relativi è la Basilicata ad aver fatto il botto, come si dice, segnando una crescita del 2.088 per cento. Ma sono le 2.348 (+151 per cento) inaugurazioni di pizzerie da asporto in Lombardia ad aver segnato la differenza. Significative pure le 1.109 (+175 per cento) aperture in Emilia Romagna e le 656 (+98 per cento) in Sardegna”

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