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Lunedì, 29 Aprile 2024
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A Vincent Riotta il Flaiano alla carriera per il cinema: «Un premio inaspettato e gradito»

L'attore è già stato più volte nella nostra città, complice la collaborazione professionale con Antonio Moccia, e dopodomani sarà al teatro D'Annunzio, dove ritirerà un riconoscimento per la sua attività cinematografica

Vincent Riotta, attore britannico di origini italiane, è ormai un amico di Pescara. Nato a Londra nel 1959, è già stato più volte nella nostra città, complice la collaborazione professionale con il manager Antonio Moccia, e dopodomani sarà tra gli ospiti vip del Premio Flaiano, al teatro D'Annunzio, dove ritirerà un riconoscimento alla carriera per la sua attività cinematografica. Lo abbiamo intervistato.

Lei ha origini italiane. Cosa ne pensa del nostro Paese e, in particolare, dell'Abruzzo?

«L'Italia, per me, è un pezzo della mia anima. Per quanto riguarda la vostra regione, la prima volta che ho visto la campagna abruzzese sono rimasto letteralmente senza fiato: è bellissima. E poi la gente è molto accogliente e organizzata».

Domenica 4 luglio tornerà a Pescara, dove è già stato nei mesi scorsi, per ritirare il premio Flaiano alla carriera per il cinema.

«Posso dire solo che è un onore, un riconoscimento inaspettato e graditissimo. Sinceramente sono un po' emozionato, innanzitutto perché mi hanno considerato per questo premio e poi per l'amicizia che ho stretto con Antonio Moccia, il mio manager di eventi, che proviene proprio da Pescara. Inoltre in questa città si mangia da Dio!».

Nel 2017, invece, ha vinto il Premio Crocitti.

«Sì, e ne sono stato molto orgoglioso, sia per il premio - che è dedicato ad un grande attore - sia per le persone che mi hanno voluto dare questo bellissimo riconoscimento. È stata una grossa soddisfazione».

Quando ha deciso che questo sarebbe stato il suo lavoro?

«Nonostante facessi già tanto teatro a scuola, credo che la prima volta che ho deciso di fare questo nella vita come lavoro sia stata quando ho effettuato il provino per la Royal Academy di Arte Drammatica a Londra. Lì ho assorbito "l'aria" di questo mestiere, e ho capito che era il mio mondo da sogno».

E nel 1982 vinse il premio come miglior attore proprio alla Royal Academy of Dramatic Art.

«Esattamente. Fu molto bello. Mi ricordo che ero a mille di eccitazione, di gioia e di speranze per il futuro. Poi, il fatto che avessi soltanto 23 anni ha contribuito tanto a questo stato di eccitazione... quel senso di invincibilità e di immortalità che sentiamo solo quando siamo giovanissimi...».

Quali sono state le esperienze più significative della sua carriera?

«Me ne vengono in mente due: la prima a Hollywood, con il red carpet, di "Sotto il sole della Toscana" (film del 2003 di Audrey Wells in cui recitavano anche Raoul Bova e Claudia Gerini, ndr) e poi la prima visione di "Il Capo dei Capi" in televisione. Esperienze, entrambe, molto emozionanti ed eccitanti».

C'è qualche regista con cui non ha ancora lavorato e che le piacerebbe incontrare?

«Certamente, ce ne sono tanti: Martin Scorsese, Francis Ford Coppola, Steven Spielberg... Sogno di poter collaborare con loro, un giorno».

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