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Cronaca

Pescara, prostituzione stradale: 13 arresti, in manette banda di aguzzini romeni

Storie di violenza, soprusi, sfruttamento e anche di brutali aborti illegali quelle che emergono dall'inchiesta condotta dalla Squadra Mobile riguardante lo sfruttamento della prostituzione stradale nella zona sud della città

"Non è la prima operazione di questo tipo, e non sarà di certo l'ultima". Queste le parole del capo della Squadra Mobile di Pescara, il dott. Muriana, che ha illustrato i dettagli del blitz effettuato oggi che ha portato all'arresto di 13 persone, tutte appartenenti ad una banda criminale che si occupava di sfruttare prostitute stradali nella zona sud della città, al confine con Francavilla e nella zona della Pineta.

L'accusa è di associazione a delinquere per lo sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione. Ma fra i vari capi d'accusa anche uno particolarmente odioso e brutale, ovvero l'induzione all'aborto clandestino per due ragazze rimaste incinta durante il lavoro sul marciapiede.

Tre dei destinatari delle misure cautelari sono ancora irreperibili, due invece sono italiani. Si tratta di due uomini che accompagnavano le ragazze dal lavoro a casa, oppure le aiutavano logisticamente ottenendo in cambio denaro o prestazioni sessuali.

L'operazione nasce da un'altra indagine condotta diversi mesi fa che portò all'arresto di altri cittadini romeni, accusati di gestire il giro di squillo stradali nella zona sud. Le prostitute, tutte romene e giovani, una volta in Italia venivano minacciate, a volte picchiate e costrette ad avere rapporti non protetti, se richiesto, con i clienti. Un giro d'affari da 100 mila euro al mese, denaro illegale che veniva inviato in Romania per essere investito in immobili.

Particolarmente cruento il racconto degli aborti illegali. L'operazione è stata eseguita in una stanza d'hotel, somministrando alle prostitute elevate dosi di un farmaco gastroprotettore. Una di loro ha avuto fortissimi dolori e un sanguinamento importante, ed è stata trasportata in ospedale per essere curata ed operata.

Fondamentali le intercettazioni telefoniche, ambientali, i pedinamenti e le dichiarazioni di alcune delle vittime. Dopo i primi arresti, le donne "caporali", ovvero le fidanzate dei boss che inizialmente si prostituivano, avevano preso il controllo della banda ed istruivano le giovani su come svolgere il mestiere, in alcuni casi minacciandole ed aggredendole fisicamente.

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