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Domenica, 28 Aprile 2024
Cronaca

Carburante contraffatto nelle pompe bianche, sequestri e perquisizioni anche in Abruzzo

Operazione della guardia di finanza che vede 59 indagati e 32 le società verso cui è stato disposto il sequestro preventivo di beni per oltre 128 milioni di euro

Sono  in totale quattro le persone destinatarie della misura cautelare degli arresti domiciliari, dei complessivi 59 indagati, e 32 le società verso cui è stato disposto il sequestro preventivo di beni per oltre 128 milioni di euro (pari all'ammontare delle imposte evase: Iva, accise, Ires e Irpef) su decisione del Gip del tribunale di Nocera Inferiore in provincia di Salerno.
A eseguirle da questa mattina, mercoledì 7 luglio, oltre 200 uomini delle guardia di finanza tra Salerno, Napoli, Potenza, Roma, Chieti, L'Aquila, Mantova e Milano, come riferisce l'agenzia Dire.

Gli indagati e le società sono coinvolti in gravi frodi fiscali connesse al contrabbando internazionale di prodotti petroliferi, nonché in condotte di autoriciclaggio e intestazione fittizia di beni.

All'esito delle perquisizioni di questa mattina, spiega una nota, sono stati vincolati 27 veicoli commerciali utilizzati per il trasporto dei carburanti, nonché quote societarie, i compendi aziendali di 9 imprese (7 italiane e 2 estere), 2 depositi commerciali, 10 impianti di distribuzione, un'imbarcazione di lusso. Le indagini hanno preso il via verso la fine del 2017 a seguito di alcune anomalie emerse in merito a un traffico di carburante proveniente dall'Est Europa, venduto in Italia sfruttando un meccanismo fraudolento che portava ad evitare il pagamento delle imposte dovute. Nello specifico, secondo quanto ricostruito dai finanzieri, gli indagati, tra il 2018 e il 2019, avrebbero importato illegalmente da fornitori ungheresi, croati e sloveni oltre 20 milioni di litri di olio anticorrosivo e preparazioni lubrificanti, prodotti per natura non soggetti alle accise e, in linea con la normativa comunitaria, nemmeno al monitoraggio del loro trasporto. Sul piano cartolare il percorso seguito era invece molto più tortuoso e articolato. Dopo essere state sottoposte, in una base logistica in Slovenia, a un processo di adulterazione che le rendeva idonee alla carburazione, le partite di merce venivano caricate su autocisterne dirette in Italia, scortate da documentazione fiscale del tutto falsa, che gli autisti avevano cura di distruggere non appena varcata la frontiera, sostituendola con quella di accompagnamento specificamente prevista per coprire il restante tragitto nel territorio nazionale (attestando il trasporto di gasolio per autotrazione a imposta assolta).

Cautela adottata per superare gli eventuali controlli su strada della guardia di finanza. I carichi irregolari proseguivano, infine, verso un deposito petrolifero dell'hinterland milanese, hub di distribuzione attraverso il quale le partite di carburante venivano immesse tranquillamente in consumo, nei distributori all'ingrosso e tramite la rete delle pompe bianche, gestite da membri delle associazioni o comunque da società clienti. Nell'ambito dell'inchiesta, le indagini patrimoniali e l'analisi delle segnalazioni per operazioni sospette pervenute dagli istituti bancari hanno consentito di monitorare i rilevanti profitti conseguiti dai sodalizi, sistematicamente trasferiti alle proprie società estere per impedirne la tracciabilità, ovvero reimpiegati nel territorio nazionale per l'acquisizione di quote societarie, impianti di stoccaggio e di distribuzione di prodotti energetici. In un biennio - ancora la nota - sono stati effettuati investimenti in depositi per oltre 3 milioni di euro. Si tratta, nel complesso, di manovre finanziarie importanti, che hanno contribuito alla realizzazione di un'economia illecita circolare mediante la quale i confini commerciali del network criminale si sono estesi fino al Potentino, all'Abruzzo e alla Lombardia, accumulando ricchezze che gli associati non mancavano di ostentare. Ne sono un esempio le auto di lusso, Lamborghini e Porsche, rigorosamente intestate a proprie società estere, sfoggiate in occasione delle inaugurazioni dei distributori di carburante via via acquistati. Peraltro, cinque degli indagati, reimpiegando i proventi delle attività illecite all'estero e risultando a tutti gli effetti privi di qualsiasi fonte reddituale, hanno potuto anche presentare la domanda per il reddito di cittadinanza.

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