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Palazzi Clerico, il Comune: "Bomba sociale che vogliamo eliminare"

Al momento le aree sono state pulite e richiuse, ma, dice il vice sindaco Blasioli: «È normale che ci attendiamo un’interdizione degli immobili che risolva il problema fino alla prossima destinazione»

“È un detrattore ambientale e una bomba sociale che vogliamo eliminare”.
Così si esprime il vice sindaco di Pescara, Antonio Blasioli, al termine dell'incontro di oggi in Comune riguardante il futuro dei palazzi Clerico tra via Tavo e via Tiburtina Valeria, nel rione Rancitelli.  

Alla riunione hanno partecipato gli eredi Clerico allo scopo di risolvere l'impasse e trovare una destinazione agli edifici.

L'incontro è stata anche l'occasione per ripercorrere la storia di questa incompiuta la cui procedura risale al 30 agosto 1968, 50 anni fa, quando sono state rilasciate le licenze edilizie. Tre di questi edifici sono stati completati, venduti e abitati, si tratta di quelli posti tra gli immobili Ater noti come “Ferro di Cavallo” e i ruderi ancora in costruzione; delle strutture rimanenti due palazzi sono terminati, mancano solo le rifiniture, mentre di un altro sono state realizzate solo le fondamenta.

Con il cambio del Piano regolatore generale, un’ordinanza del sindaco dell’epoca del 16 novembre 1983 in applicazione delle norme di salvaguardia, dispose la decadenza delle licenze edilizie. Il 27 gennaio 1984 Emidio e Domenico Clerico impugnarono l’ordinanza davanti al Tar, che con sentenza numero 397 del 1985 accoglieva i ricorsi dei proprietari.
Successivamente la sentenza, probabilmente anche a causa dell’improvvisa fine della legislatura dovuta alla morte dell’allora sindaco Casalini, non venne impugnata ed è quindi passata in giudicato. Gli eredi Clerico chiesero una proroga dei termini per la realizzazione, ma l’Amministrazione di allora non si espresse.

Poi si arriva al 2003 quando nel mese di ottobre, nell’ambito dell’individuazione della possibile localizzazione della caserma dei carabinieri che attualmente sorge in via Lago di Borgiano, si cercò un trasferimento compensativo e per questo fine l’Amministrazione si occupò di redigere una relazione peritale per la fotografia dello stato dei luoghi e soprattutto per l’individuazione esatta delle superfici legittimate. A questo stato di consistenza lavorarono l’architetto Vespasiano e il dirigente Gaetano Silverii, presenti oggi in riunione e come consulente esterno il professor Stefano Civitarese. La relazione ha riconosciuto legittimate una superficie complessiva di 20.916 mc di cui 9.651 per il fabbricato 6, 9.651 per il fabbricato 7 e 1.614 per il fabbricato 3.

Ma da quel momento c'è stato un sostanziale immobilismo con quei palazzi rimasti ritrovo di sbandati e tossicodipendenti ovvero il più grande detrattore ambientale-edilizio di Pescara e, soprattutto, una emergenza sociale e di sicurezza assolutamente da affrontare e risolvere.

Dal Comune fanno sapere che «si tratta di una procedura sicuramente complessa, perché, oltre a individuare lo strumento edilizio necessario (che potrebbe essere un accordo procedimentale ex articolo 11 legge 241 ’90 o una variante al piano), richiede anche la necessità per i proprietari di rientrare nelle spese sostenute dai genitori dopo l’ordinanza del 1983 che è stata caducata dal Tar. Da parte dei tre eredi ancora oggi è stata ribadita la massima collaborazione a trovare una soluzione e l’incontro odierno è stato utile per ricostruire una vera e propria fotografia tecnica della situazione edilizia».

Il prossimo passo sarà un incontro programmato martedì prossimo, 13 novembre, utile a comprendere quale può essere il migliore strumento edilizio per agire. La decisione toccherà naturalmente ai proprietari. 
Al momento le aree sono state pulite e richiuse, ma, dice Blasioli, «è normale che ci attendiamo un’interdizione degli immobili che risolva il problema fino alla prossima destinazione».

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