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Infortuni sul lavoro, la fotografia del Cresa: male l'Abruzzo nel quadro nazionale, nel 2022 nel Pescarese sono stati oltre 3mila

Non è la provincia peggiore, ma l'indagine del Centro studi racconta una situazione preoccupante: le denunce in tutta la regione sono state 33 ogni mille occupati con una crescita del 9 per cento rispetto al 2021. Aumentano quelle delle donne, alta l'incidenza tra i giovani sotto i 25 anni e nel complesso, nonostante il calo di quelli mortali, i dati sono peggiori rispetto a quelli del Paese

Il Cresa (Centro studi dell'agenzia per lo sviluppo della camera di commercio del Gran Sasso d'Italia) scatta una fotografia impietosa dell'Abruzzo in tema “infortuni sul lavoro”. Un'indagine che ha deciso di condurre sui dati Inali alla luce dei recenti fatti di cronaca, non ultimo il crollo del cantiere di Firenze in cui un abruzzese ha perso la vita e che parla di una regione con numeri nel complesso peggiori di quelli che si rilevano a livello nazionale. Se si parla di quelli mortali però, va rilevato, le denunce presentate in Abruzzo nel 2022 sono state 25, pari al 2 per cento del totale nazionale e 29 in meno rispetto alle 46 registrate nel 2021 (meno 46 per cento più marcato del meno 15 per cento italiano). Un incidenza pari a quella nazionale.

Gli infortuni sul lavoro nelle quattro province: a Pescara 3mila 314 denunce, la peggiore è Chieti

Guardando agli infortuni sul lavoro nel 2022 sono stati 3mila 314 gli infortuni nella provincia di Pescara sul lavoro denunciati all'Inail pari al 21 per cento del totale di quelli di tutta la regione. Peggio di tutti fa Chieti con il 31 per cento pari a 4mila 955 denunce. A livello regionale sono state 33 le denunce di infortunio ogni mille occupati (il 9 per cento in più rispetto al 2021 e tre in più rispetto alle 30 italiane dove la crescita è stata del 5 per cento) per un totale di 16mila, cioè il 2 per cento dei 703mila denunciati a livello nazionale. Un dato che per l'Abruzzo si traduce in una crescita del 37 per cento (più 4mila 200 casi rispetto al 2021): un dato i gran lunga maggiore al 25 per cento registrato nel Paese. 

Restando nell'ambito delle province Pescara per numeri di infortuni sul lavoro è terza dietro a Chieti, come detto, e Teramo con il 29 per cento degli infortuni per un totale di 4mila 569 denunce. Chiude L'Aquila con il 19 per cento e 2mila 976 denunce. A Teramo e Chieti sono 37 le denunce ogni mille occupati, 9 in più di Pescara e L’Aquila. Le variazioni percentuali annue, invece, vanno dal minimo dell’Aquila (più 22 per cento) al massimo di Teramo (più 51 per cento) passando per il più 33 per cento di Pescara e il più 37 per cento di Chieti. La distribuzione e la variazione annua delle quattro province rispecchiano abbastanza fedelmente quelle degli addetti per settore di attività.

Il quadro generale sulle denunce fatte in Abruzzo in relazione allo scenario nazionale dopo i due anni del covid

Per comprendere questi andamenti è necessario considerare le modalità di accadimento: forte è l’aumento degli infortuni in occasione di lavoro (Abruzzo: più 41 per cento; Paese: più 27 per cento) che passano in regione dall’87 per cento al 90 per cento del totale e in Italia dall’85 per cento all’87 per cento, più contenuto quello delle denunce per infortuni in itinere, capitati cioè nel tragitto di andata e ritorno tra l’abitazione e il posto di lavoro (Abruzzo: più 7 per cento; Italia: più 11 per cento).

All’incremento delle denunce per eventi in occasione di lavoro contribuiscono a livello nazionale in misura pressoché uguale in valore assoluto gli infortuni da covid 19 e quelli tradizionali, cioè al netto dei casi da contagio (entrambi circa 70 mila in più che corrispondono in termini percentuali al più 140 per cento e più 14 per cento), e in Abruzzo per i due terzi le denunce per contagi (dalle 900 alle circa di 3mila 700 pari al più 314 per cento) un terzo per le altre cause (dalle 9 alle 10,5 mila, più 14 per cento).

Come detto su 1.000 lavoratori le denunce per infortuni in occasione di lavoro in Abruzzo sono 30 (di cui 8 per covid), 26 a livello nazionale (5 per covid), quelle per infortuni in itinere ammontano in regione a 3, meno delle 4 medie del Paese. Rispetto all’anno precedente aumentano a tutti e due i livelli territoriali le sole denunce in occasione di lavoro.

L’andamento degli infortuni a partire dal 2018 è caratterizzato da un primo biennio di flessione, particolarmente rilevante nel 2020 (Abruzzo: da 28 infortuni per 1.000 occupati del 2018 al 23 del 2020; Italia da 28 a 26) per l’attuazione del lockdown e, in particolare, delle misure di contenimento dei contagi che hanno spinto verso lo smart working, seguito da un 2021 nel corso del quale la regione, a differenza di quanto si osserva nella media nazionale, registra un aumento (Abruzzo, 24 denunce per 1.000 lavoratori; Italia 25) seguito anche in Italia dall’impennata del 2022.

Aumentano gli infortuni denunciati nella gestione assicurativa Industria e servizi (da 9 a 13 mila e cioè 40 per cento superiore al 22 per cento italiano) e quelli nel Conto Stato (da 1,4 a 2 mila, più 43 per cento inferiore al più 46 per cento del Paese). In flessione quelli della gestione agricoltura a (da 1.0 a 960, meno 6 per cento contro il meno3 per cento nazionale).

Le denunce di infortunio in occasione di lavoro sono in crescita in tutte le principali sezioni Atec: gli aumenti regionali sono inferiori a quelli medi nazionali nel manifatturiero (più 1 per cento contro più 2 per cento) e nel commercio (più 2 per cento e più 12 per cento) e superiori rispetto ad esso nelle costruzioni (più 10 per cento contro più 3 per cento) e soprattutto nei servizi non commerciali (più 112 per cento e più 46 per cento).

I settori in cui ci si fa "più male"

Sono le costruzioni, con 29 infortuni per 1.000 lavoratori dello stesso settore (Italia: 23) a registrare la maggior incidenza di denunce, seguite dai servizi con 28 (Italia: 17), dal manifatturiero con 15 (Italia: 17) e dal commercio con 11 (Italia: 12).

Considerando i comparti manifatturieri e del terziario più rilevanti, tra le imprese manifatturiere registrano cali l’alimentari (meno 13 per cento; Italia meno 3 per cento), il tessile e abbigliamento meno 8 per cento; Italia più 7 per cento) e il chimico-farmaceutico (meno 5 per cento; Italia: più 5 per cento) e riporta un aumento il metalmeccanico, elettromeccanico ed elettronico (più 13 per cento; Italia: più 2 per cento).

I servizi non commerciali, eccezion fatta per le flessioni dei settori immobiliare (meno 57 per cento; Italia: più 18 per cento), assicurativo (meno 20 per cento; Italia: più 2 per cento) e informazione e comunicazione (meno 15 per cento; Italia meno 11 per cento), mostrano nel complesso variazioni positive che arrivano a superare il 50 per cento nella sanità (più 188 per cento; Italia più 90 per cento) e nel trasporto e magazzinaggio (più 75 per cento; più 32 per cento).

Crescono soprattutto tra le donne le denunce; aumentano i numeri degli infortuni tra gli ultra 64enni e i giovanissimi

L’analisi di genere evidenzia che l’aumento delle denunce è connesso principalmente alla componente femminile, che è coinvolta in Abruzzo nel 45 per cento e in Italia nel 41 per cento degli infortuni, e registra in regione un più 63 per cento (da 4,4 mila a 7,1 mila casi) e a livello medio nazionale un più 40 per cento. Più modesto il contributo della componente maschile che, passando da 7,2 a 8,7 mila denunce, registra un più 21 per cento (Italia: più 16 per cento). Gli uomini fanno registrare 30 denunce su 1.000 lavoratori maschi, le donne 36 su 1.000 lavoratrici.

Particolarmente significativi sono gli incrementi abruzzesi delle infortunate in occasione di lavoro (più 75 per cento contro il più 22 per cento maschile) e degli uomini in itinere (più 9 per cento contro più 5 per cento femminile).

Relativamente alla cittadinanza, l’incremento delle denunce regionali interessa principalmente italiani (più 39 per cento; Italia più 26 per cento), che rappresentano l’88 per cento del totale (Italia 83 per cento), e in misura minore quelli provenienti dall’unione europea (più 25 per cento; Italia più16 per cento) e extra-ue (più 22 per cento; Italia più 21 per cento) che costituiscono quote pari al 4 per cento e al 9 per cento del totale regionale (Italia 4 per cento e 14 per cento).

Per quanto riguarda le classi di età dei lavoratori si rilevano aumenti in tutte le fasce, particolarmente consistenti in Abruzzo tra gli ultra 64enni (più 38 per cento, 4 per cento del totale regionale, contro il più 23 per cento e 2 per cento nazionali) e prima dei 15 anni (più 44 per cento, 5 per cento del totale abruzzese contro il più 38 per cento e 6per cento italiani), vale a dire tra i lavoratori “anziani” e tra quelli giovanissimi, quest’ultimo dovuto come nel resto del Paese principalmente all’aumento infortunistico degli studenti.

La maggiore incidenza riguarda gli infortunati al di sotto dei 25 anni: in Abruzzo sono 60 ogni 1.000 lavoratori e in Italia 67. Pesanti anche i dati relativi agli occupati con più di 64 anni (34 in regione e 22 in Italia) e a quelli tra i 50 e i 64 anni (33 in Abruzzo e 27 in Italia). Le altre fasce di età sono al di sotto della media.

I dati sugli infortuni con esiti mortali

Le denunce di infortuni sul lavoro con esito mortale presentate in Abruzzo nel 2022 sono 25, pari al 2 per cento del totale nazionale e 29 in meno rispetto alle 46 registrate nel 2021 (meno 46 per cento più marcato del meno 15 per cento italiano). L’incidenza sugli infortuni di quelli che hanno portato alla morte è in regione pari a quella media nazionale (0,2 per cento).

Il 76 per cento degli infortuni mortali è stata denunciato nella gestione industria e servizi (Italia: 86 per cento), il 12 per cento dall’agricoltura e dal Conto Stato (Italia 11 per cento e 3 per cento).

Relativamente alla modalità di accadimento e al genere dei lavoratori interessati, i dati regionali evidenziano il dimezzamento per entrambi i sessi dei casi mortali in occasione di lavoro (Italia: uomini: meno 22 per cento, donne: meno 37 per cento). Gli infortuni maschili in itinere si contraggono in regione di quasi il 17 per cento (i femminili non sono interessati) mentre in Italia aumentano del 16 per cento per gli uomini e del 39 per cento per le donne. Nel complesso la mortalità tra gli uomini diminuisce del 15 per cento e tra le donne del 14 per cento.

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